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Il 22 agosto 1978 muore a Ginevra Ignazio Silone, scrittore e politico italiano, pseudonimo di Secondino Tranquilli.
Contemplato tra i luminari intellettuali italiani di fama internazionale, uno dei suoi romanzi più celebri, “Fontamara“, si distingue per la sua rilevante denuncia delle disuguaglianze sociali, della miseria e dell’oppressione patite dalle classi meno abbienti. Quest’opera è stata tradotta in una pluralità di lingue, ampliando il suo impatto a livello globale. Nel periodo compreso tra il 1946 e il 1963, il suo nome è stato proposto ben dieci volte per il Premio Nobel per la letteratura.
Vissuto per diversi anni come esule antifascista all’estero, ha giocato un ruolo attivo e articolato nella politica italiana, contribuendo significativamente alla rinascita culturale del paese nel dopoguerra. Tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia, è stato in seguito espulso a causa delle sue dissonanze con la linea stalinista; in seguito ha abbracciato tendenze vicine al socialismo democratico. La frattura con il Partito Comunista Italiano, avvenuta negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, gli ha procurato critica e dissenso all’interno del panorama letterario italiano, ma ha ottenuto una riabilitazione tardiva, mentre all’estero ha continuato a riscuotere un apprezzamento costante.
Silone nacque il giorno 1 maggio 1900 a Pescina dei Marsi, comune in provincia dell’Aquila. Il 13 gennaio 1915 la Marsica è messa in ginocchio dallo spaventoso terremoto di Avezzano che provoca nel solo paese natio dello scrittore oltre 3 500 vittime; muoiono sotto le macerie la madre e altri numerosi suoi familiari; Secondino (Ignazio Silone) riesce a salvarsi con il fratello Romolo, il più piccolo della famiglia.
Scrive Silone: ”Nel terremoto morivano infatti ricchi e poveri, istruiti e analfabeti, autorità e sudditi. Nel terremoto la natura realizzava quello che la legge a parole prometteva e nei fatti non manteneva: l’uguaglianza. Uguaglianza effimera. Passata la paura, la disgrazia collettiva si trasformava in occasione di più larghe ingiustizie”.
Ignazio Silone venne presto a contatto con la dura realtà della vita e della guerra che in provincia faceva sentire i suoi riflessi sociali. Infatti sin dal 1917 Silone capeggiava già le prime leghe rosse dei contadini abruzzesi, mostrando di auspicare un punto d’incontro fra socialismo e cattolicesimo, e quello stesso anno diventava direttore del settimanale socialista e pacifista “Avanguardia” e poi redattore del “Lavoratore” di Trieste. Al congresso di Livorno (1921) aderì al Partito Comunista e fu attivo dirigente della Federazione Giovanile. Dopo l’avvento del Fascismo fu accanto a Gramsci come attivista clandestino. Dopo l’arresto del fratello si rifugiò all’estero, dove proseguì la sua attività antifascista, incorrendo anche nell’espulsione da vari Paesi. Rappresentò parecchie volte il movimento comunista con Togliatti a Mosca.
Nel 1930, durante le persecuzioni e le purghe staliniane, si staccò dal movimento comunista perché non condivideva il carattere tirannico dell’organizzazione internazionale comunista diretta da Stalin. Di quella profonda crisi, in cui emergevano anche i suoi giovanili entusiasmi libertari e cristiani, risentì tutta la sua produzione letteraria nonché il comportamento politico.
Ma, pur lontano dal Partito Comunista, egli non cessò la sua attività di propagandista antifascista e socialista. Le stesse sue opere, pubblicate all’estero, Fontamara (1933 a Zurigo), Pane e vino (1936), La scuola dei dittatori (1938), Il seme sotto la neve (1941), l’opera teatrale Ed egli si nascose (1944), sono la dimostrazione della denuncia serrata, implacabile, costante, che egli faceva della violenza fascista e delle misere condizioni dei cafoni del suo paese. E i suoi libri, quasi sconosciuti in Italia, facevano il giro del mondo attraverso gli esuli antifascisti e i vari simpatizzanti stranieri, i quali vedevano in Silone uno dei più puri missionari della resistenza antifascista nel mondo.