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Anna Frank nasce il 12 giugno 1929 nella città tedesca di Francoforte sul Meno
E’ stata una giovane ebrea tedesca che è diventata un simbolo della Shoah grazie al suo diario, scritto durante il periodo in cui lei e la sua famiglia si nascondevano dai nazisti, e per la sua tragica morte nel campo di concentramento di Bergen-Belsen.
Anne visse gran parte della sua vita ad Amsterdam, nei Paesi Bassi, dove la sua famiglia si rifugiò dopo l’ascesa al potere dei nazisti in Germania. Nel 1935, fu privata della cittadinanza tedesca, diventando apolide. Nel suo diario, scrisse che si sentiva ormai olandese e che dopo la guerra avrebbe desiderato ottenere la cittadinanza dei Paesi Bassi, il paese in cui era cresciuta.
La sorella Margot è più grande di tre anni e qualche mese. La Germania vive una grave crisi: il lavoro scarseggia, c’è molta povertà. Nel frattempo Adolf Hitler con il suo partito attira un numero crescente di sostenitori. A causa dell’odio nei confronti degli ebrei e della difficile situazione economica, i genitori di Anna – Otto ed Edith Frank – decidono di trasferirsi ad Amsterdam. Otto avvia in questa città un’impresa che commercia in pectina, un addensante per la preparazione delle marmellate.
Ben presto Anna si sente a casa nei Paesi Bassi. Impara la lingua, stringe delle amicizie e frequenta una scuola olandese nel vicinato. Il padre è molto impegnato con il suo lavoro, non è affatto facile guadagnarsi da vivere. Alla fine trova una soluzione, abbinando alla vendita della pectina quella delle erbe aromatiche e delle spezie.
Il 1º settembre 1939 – Anna ha 10 anni – la Germania nazista invade la Polonia: è l’inizio della seconda guerra mondiale. Poco dopo, il 10 maggio 1940, i nazisti invadono anche i Paesi Bassi. Cinque giorni più tardi l’esercito olandese si arrende. Poco a poco, inesorabilmente, la potenza occupante introduce leggi e regolamenti che complicano la vita agli ebrei. Ad esempio, agli ebrei è vietato frequentare parchi, cinema e negozi. A causa di queste regole la libertà di movimento di Anna è fortemente limitata. Suo padre perde la sua impresa perché gli ebrei non possono più essere proprietari di aziende. Tutti i ragazzi ebrei, quindi anche Anna, devono frequentare una scuola separata, solo per ebrei.
La pressione che i nazisti esercitano sugli ebrei continua ad aumentare. Gli ebrei devono cucire una stella giudaica sugli abiti e circolano voci che tutti loro dovranno lasciare i Paesi Bassi. Il 5 luglio 1942, quando Margot riceve la chiamata per andare a lavorare nella Germania nazista, i suoi genitori non si fidano, non credono che si tratti di lavoro e decidono di nascondersi il giorno seguente. Entrano nella clandestinità per sfuggire alla persecuzione.
Dalla primavera del 1942, il padre di Anna, con l’aiuto dei suoi ex colleghi, sta allestendo un nascondiglio nel retro dell’edificio della sua impresa al numero 263 di Prinsengracht. Qualche tempo dopo anche altri quattro clandestini si rifugeranno qui. Il nascondiglio è affollato, Anna deve essere silenziosa e spesso ha paura.
Per il suo tredicesimo compleanno Anna, che in quel momento non vive ancora nel nascondiglio, riceve in dono un diario. Durante i due anni della clandestinità Anna scrive quello che succede nella casa sul retro, quello che sente e pensa. Inoltre scrive dei raccontini, inizia a comporre un romanzo e trascrive nel suo Libro dei bei pensieri alcuni brani dai testi che legge. Scrivere la aiuta a far passare il tempo.
Quando dall’Inghilterra il ministro dell’istruzione del governo olandese lancia a Radio Oranje un appello, chiedendo di conservare tutti i diari e i documenti della guerra, ad Anna viene l’idea di elaborare i suoi diari in un’unica storia, con il titolo Het Achterhuis (letteralmente La casa sul retro).
Anna inizia a riscrivere il diario, ma prima di riuscire a finire viene scoperta insieme agli altri clandestini da agenti di polizia il 4 agosto 1944 e portata via. La polizia arresta anche due soccorritori dei clandestini. Fino a oggi non si sa che cosa abbia spinto la polizia a fare irruzione nell’edificio.
Nonostante l’irruzione, una parte degli scritti di Anna sono stati conservati: due altri soccorritori salvano le carte prima che la casa sul retro venga svuotata su ordine dei nazisti.
La polizia tedesca, il carcere ad Amsterdam e il campo di transito di Westerbork i nazisti deportano gli ex clandestini al campo di concentramento e sterminio di Auschwitz-Birkenau. Il viaggio in treno dura tre giorni, che Anna e più di mille altre persone trascorrono stipati in vagoni per il trasporto di bestiame. Cibo e acqua scarseggiano, come latrina c’è soltanto un barile.
All’arrivo ad Auschwitz i medici nazisti selezionano chi può eseguire il pesante lavoro forzato e chi no. Circa 350 persone dal convoglio di Anna vengono uccise nelle camere a gas subito dopo il loro arrivo. Anna, insieme alla sorella e alla madre, giunge nel campo di lavoro femminile, Otto in un campo maschile.
All’inizio del novembre 1944 Anna è nuovamente deportata. Lei e la sorella vengono trasferite nel campo di concentramento di Bergen-Belsen. I suoi genitori rimangono ad Auschwitz. Anche a Bergen-Belsen le condizioni sono terribili: non c’è quasi niente da mangiare, fa freddo e Anna, come la sorella, contrae il tifo esantematico. Muoiono entrambe nel febbraio del 1945 a causa di questa malattia, prima Margot, poco dopo Anna.
Otto è l’unico dei clandestini della casa sul retro a sopravvivere alla guerra. Viene liberato ad Auschwitz dai russi e durante il lungo viaggio di ritorno nei Paesi Bassi viene a sapere che sua moglie Edith è morta. Nei Paesi Bassi apprende anche la notizia della morte di Anna e Margot.