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Svjatlana Aleksievič è una giornalista e scrittrice bielorussa nata in Ucraina occidentale il 31 maggio 1948, dal padre di origini bielorusse e dalla madre di origine ucraina, è cresciuta in Bielorussia, dove ha vissuto finché, perseguitata dal regime di Aljaksandr Lukašėnka, è stata costretta a lasciare il Paese perché su di lei gravava l’accusa (falsa) di essere un’agente della CIA. Dopo un periodo di lontananza dalla Bielorussia, trascorso tra Russia, Italia, Francia, Germania e Svezia, nel 2013 è tornata a vivere a Minsk, ma sotto la minaccia dell’imminente arresto da parte del regime; a settembre del 2020 è stata costretta alla fuga in Germania.
L’8 ottobre 2015 è stata insignita del Premio Nobel per la letteratura:
“per la sua scrittura polifonica, un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo”.
Nel 2018, Svjatlana Aleksievič ha dovuto annullare un incontro con i lettori nel Teatro Verde della città ucraina di Odessa dopo aver ricevuto minacce dai nazionalisti locali. Il Teatro Verde ha affermato che il nome della Aleksievič era stato aggiunto a una lista di “nemici dell’Ucraina” dal sito web “Myrotvorets” [ è un sito web ucraino con sede a Kiev, gestito dal “Centro Myrotvorets” e curato dall’agenzia governativa di intelligence Servizio di sicurezza dell’Ucraina(SBU)], in quanto avrebbe “propagandato discordia interetnica e manipolato informazioni importanti per la società”.
Nel corso della sua carriera, la giornalista e scrittrice ha seguito i principali eventi dell’Unione Sovietica nella seconda metà del ‘900: dalla guerra in Afghanistan, al disastro di Černobyl’, ai suicidi seguiti allo scioglimento dell’URSS.
I suoi libri sono stati pubblicati in più di venti paesi e rappresentano uno struggente romanzo corale degli uomini e delle donne vissuti nell’Unione Sovietica e nella Russia post-comunista del XX secolo.
È considerata una delle maggiori scrittrici a livello mondiale.