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Il 24 maggio del 1941 nasce Bob Dylan a Duluth, Minnesota (USA), al secolo Robert Allen Zimmerman, il più enigmatico tra i geni della musica popolare.
Scrittore, poeta, pittore, scultore e conduttore radiofonico, è stato un gigante della cultura: con i dischi incisi negli anni ’60 all’inizio della sua carriera ha aperto alla musica popolare le porte della grande letteratura, creando un modello e un mito contro cui ha lottato tutta la vita.
A sei anni si trasferisce a Hibbing, al confine con il Canada, dove inizia a studiare pianoforte e a fare pratica su una chitarra acquistata per corrispondenza. Già a dieci anni scappa di casa, dalla sua cittadina mineraria di confine col Canada per andare a Chicago.
A questo proposito, bisogna sfatare la leggenda che vuole il nome “Dylan” mutuato dal celebre poeta gallese Dylan Thomas. In realtà, nella sua stessa biografia ufficiale, il cantante ha dichiarato che, pur ammirando l’illustre poeta, il suo nome d’arte non ha nulla a che vedere con esso.
Preso dalla musica, gira per l’America solo e senza un soldo. E’ di fatto un menestrello ambulante, in questo emulo di un suo grande idolo e modello, Woody Guthrie. Nel 1959 trova il suo primo impiego fisso in un locale di strip-tease. Qui è costretto ad esibirsi fra uno spettacolo e l’altro per intrattenere il pubblico, che però non mostra di apprezzare un gran che la sua arte. Anzi, spesso lo fischia e lo prende a male parole. I suoi testi, d’altronde, non possono certo cogliere gli stati d’animo di rozzi cowboy o duri camionisti. Nell’autunno del ’60 si realizza un suo sogno. Woody Guthrie si ammala e Bob decide che questa può essere l’occasione propizia per conoscere finalmente il suo mito. Molto coraggiosamente, si fa annunciare nell’ospedale del New Jersey dove trova un Guthrie malato, poverissimo e abbandonato. Si conoscono, si piacciono e ha così inizio un’intensa e vera amicizia. Sulla spinta degli incoraggiamenti del maestro, inizia a girare i locali del Greenwich Village. Il suo stile, tuttavia, si distingue nettamente dal maestro. E’ meno “puro”, decisamente più contaminato con le nuove sonorità che cominciavano ad affacciarsi nel panorama musicale americano. Inevitabili, seguono le critiche da parte dei più accaniti sostenitori del folk tradizionale, che lo accusano appunto di contaminare il folk con il ritmo del rock’n’roll.
I suoi spettacoli, l’originale produzione discografica, ma soprattutto il suo stile di vita e la propensione per gli atteggiamenti anticonformisti gli procurarono un grande successo persistente nel tempo. Nel 1965 abbandonò la vena folk per il rock elettrico; dopo essersi ritirato per un paio d’anni, tornò a esibirsi in pubblico nel 1969; la sua produzione è poi continuata con risultati ineguali e salti d’ispirazione; si è dedicato anche al cinema in qualità di attore, musicista, regista e talvolta anche come produttore.
Dopo più di trent’anni, diventato ormai un mito, un’icona popolare senza eguali (si parla addirittura di una sua candidatura al Premio Nobel per la letteratura – cosa che avverrà realmente nel 2016), nel 1992 la sua casa discografica, la Columbia, decide di organizzare un concerto in suo onore al Madison Square Garden di New York City: l’evento è trasmesso in mondovisione e diventa sia un video che un doppio CD intitolato Bob Dylan – The 30th Anniversary Concert Celebration (1993). Sul palco, tutti nomi leggendari del rock americano e non; da Lou Reed a Stevie Wonder da Eric Clapton a George Harrison ad altri ancora.
Prende parte ad uno storico concerto per il Papa Giovanni Paolo II in cui si esibisce di fronte al pontefice. Nessuno avrebbe mai detto di poter vedere una scena simile. Il menestrello però, alla fine della sua esibizione, si toglie la chitarra, si dirige verso il pontefice, e togliendosi il cappello, gli prende le mani ed effettua un breve inchino.
Nell’aprile del 2008 i prestigiosi premi Pulitzer per il giornalismo e le arti hanno insignito Bob Dylan, di un riconoscimento alla carriera quale cantautore più influente dell’ultimo mezzo secolo.
Nel 2016 riceve il Premio Nobel per la Letteratura, per aver “creato una nuova poetica espressiva all’interno della grande tradizione canora americana“.
Alla fine del 2020 Bob Dylan vende i diritti del suo intero catalogo musicale alla Universal per 300 milioni di dollari: sul tema dei diritti e del copyright è il record di sempre.