La ricerca letteraria del giorno su #babelezon
Il 1 dicembre 1944 Daniel Pennac nasce a Casablanca in Marocco, una delle colonie francesi tra l’Africa e l’Indocina, durante una sosta della famiglia Pennacchioni al seguito del padre, ufficiale di carriera; a tre mesi arriva in Francia, dopo un anno la famiglia si sposta in Germania, poi Gibuti e Saigon.
Daniel non è in grado di capire quelle lingue straniere, ma ne apprezza e ne assimila la musicalità, tanto che alcune sonorità ancora gli appartengono. Il giovane bretone di origine corsa è il quarto figlio, il più piccolo componente della famiglia; cresce in ambiente borghese rude, culturalmente stimolante; l’affetto non si dimostra con smancerie e tenerezze, piuttosto attraverso l’ironia; tra i fratelli ha un rapporto particolarmente stretto con Bernard, che ha cinque anni di più e lo aiuta, in particolare nello studio, con una “pazienza quasi buddhista”. Come ultimogenito di una stirpe di laureati, tutti si aspettano da lui successi scolastici e corsi universitari prestigiosi, ma il percorso scolastico sarà per tantissimo tempo irto di difficoltà.
Quando a otto anni entra in collegio e torna a casa solo una volta a trimestre, riconosce il piacere del leggere da solo proprio grazie al divieto di leggere romanzi al di fuori del programma scolastico e inizia le prime sperimentazioni di scrittura: di nascosto, la sera sotto le lenzuola, alla luce di una torcia, divora le pagine di libri proibiti (Dumas, Dickens, Stevenson, Kipling, Paul Féval), poi il giorno dopo, fingendo di fare i compiti, scrive, immaginandone il seguito. Il suo amore per la lettura ha origine nella tradizione orale, le fiabe sul lupo o di Pollicino, i racconti della nonna, capace d’incidere immagini indelebili nella memoria; Daniel si nutre quotidianamente di quelle storie, oralità e lettura sono una cosa sola, sanzionata infine dalla scoperta di Shakespeare.
Nonostante gli illustri precedenti familiari, a scuola va male, non si comporta da studente modello e nello studio è definito “somaro”, come rivela in Diario di scuola, pagine intense in cui racconta la profonda solitudine e il senso di vergogna di chi non capisce in un mondo in cui tutti gli altri capiscono: “Le mie pagelle lo confermavano tutti i mesi: ero un cretino ed era tutta colpa mia! Da ciò ne derivò un odio per me stesso, un grande senso di inferiorità e sensi di colpa”.
E poi, finalmente, ecco l’incontro con gli insegnanti che lo salvano, che trovano in lui qualcosa su cui puntare, che non lo fanno sentire più una nullità, che gli indicano la scrittura e la lettura come mezzi per domare “l’orco scolastico” che lo sta divorando. Nel 1968 Daniel Pennacchioni si laurea proprio in Lettere all’Università di Nizza. È determinato a fare lo scrittore e vuole racimolare un po’ di soldi solo per poter scrivere; dopo alcuni lavori saltuari, allettato dalle lunghe vacanze estive che gli avrebbero permesso di dedicarsi con calma alla scrittura, nel 1970 accetta l’incarico di insegnante di francese a Soisson, in una scuola privata convenzionata con lo Stato. Il contatto con studenti difficili lo conquista, in loro rivede se stesso e s’ingegna per trovare il modo di appassionarli allo studio, per non farli sprofondare nell’abisso dell’ignoranza e della svalutazione di sé. Sarà insegnante (poi a Parigi) per più di ventotto anni, spesso in classi per giovani “disagiati” di età diversa, contesti in cui si trova pure a fare lezione a chi combatte con le prime conoscenze di base e, contemporaneamente, a chi si deve preparare all’esame di maturità. Gli piace così tanto questa professione che ancor oggi, nonostante innumerevoli premi e successi letterari, preferisce definirsi professore piuttosto che scrittore.
L’esordio come autore è del 1973: dopo aver fatto il servizio militare, in un breve saggio, Le service militaire au service de qui?, descrive la vita nelle caserme con toni severi e polemici, paragonandole a un luogo tribale con rituali grotteschi. Sceglie di firmarsi con lo pseudonimo Daniel Pennac (contrazione del cognome) per non danneggiare la reputazione del padre, militare in pensione, poco incline a esprimere i sentimenti, ma dalla personalità aperta e generosa, da cui eredita la capacità di trovare il lato ironico in ogni evento. Raccontare storie è per lui un modo di fare critica sociale, soprattutto legata alle scelte urbanistiche, all’integrazione, ai servizi pubblici; così, dopo aver conosciuto Tudor Eliad, scrivono insieme Les enfants de Yalta (1977) e Pere Noël (1979), romanzi “deliranti” di fantapolitica burlesca, come ama definirli lui stesso, che hanno uno scarso successo di pubblico, nonostante le buone critiche. Pennac, dopo questa esperienza, si dedica a storie per bambini prive di ironie astruse, doppi sensi e giochi verbali. I primi libri sono illustrati: Le Grand Rex (1980), a cui segue Abbaiare stanca che nell’edizione italiana, datata 1993, conquista il Premio Cento. Sempre per i giovani (bello anche per un pubblico adulto) pubblica L’occhio del lupo (1984) e affronta il tema della sofferenza nell’esperienza dell’esilio.
Nel 1992, pubblica il saggio Come un romanzo a favore della lettura.
Il 26 marzo 2013 è stato insignito della laurea ad honorem per il suo impegno nella pedagogia presso l’Università di Bologna.
Nel 1998 pubblica una divertentissima storia paradossale nella quale c’è un capovolgimento di ruoli, i bambini si svegliano adulti e gli adulti bambini, sulla scia di un tema-esperimento che aveva assegnato agli allievi di seconda media molti anni prima; scritto con le abituali ironia e levità, sempre ambientato a Belleville, progettato con l’amico regista Pierre Boutron, che realizza un film sullo stesso tema, con la promessa che l’uno non avrebbe avuto notizie del lavoro dell’altro fino a opere completate. Signori bambini è rimasto in testa alle classifiche francesi e italiane per settimane, con la partecipazione di migliaia di lettori e lettrici alle presentazioni del libro. La metafora pedagogica resta eccelsa: immaginazione non significa menzogna. Nel 2000 è la volta del saggio Gardiens et Passeurs, due anni dopo, riceve il Premio internazionale “Una vita per la cultura” Grinzane Cavour.
È del 2005 La lunga notte del Dottor Galvan, divertente racconto ambientato in un ospedale, su un paziente con segni e sintomi di svariate patologie diventato un caso clinico di studio multidisciplinare, portato in scena in Italia da Archivolto (protagonista Neri Marcorè) nell’autunno dello stesso anno, quando viene anche insignito della Legion d’onore per le arti e la letteratura; mentre nel 2007 riceve il Premio Renaudot per Diario di scuola (2007), una biografia scolastica con cenni sulle varie residenze e, senza mai tradire l’intimità familiare, sul fratello Bernard e gli altri, la madre casalinga ebrea, il padre colto militare, la moglie e collega Minne, la figlia Alice, amici e maestri, nella metamorfosi dell’ignoranza (attraverso salvatori, letture, amori) fino alla laurea del 1968.
Esce nel 2012 Storia di un corpo, in cui prova a scindere le sensazioni corporee da quelle mentali, l’anno successivo Ernest e Celestine (2013), poetica storia per ragazzi dalla quale è stato tratto anche un delizioso lungometraggio d’animazione.
Daniel Pennac ha scritto romanzi, saggi, libri per bambini, fumetti, libri illustrati, sceneggiature per il teatro e ancora romanzi. L’ultimo libro “La legge del sognatore” è un omaggio tra l’onirico e la vita vera al suo regista preferito: Federico Fellini.