Il 12 dicembre 1905 nasceva lo scrittore russo Vasilij Grossman, padre del romanzo Vita e destino, sua opera monumentale che ebbe una pubblicazione problematica. Censurato in patria, il libro vide la luce nella prima copia stampata a vent’anni di distanza dalla sua stesura, grazie a una sequenza di eventi.
Grossman, scrittore russo di origini ebraiche, fu imbavagliato dalla censura ed esiliato in patria a causa del contenuto controverso della sua opera.
Gli fu impedito di scrivere e i suoi manoscritti, le pagine fitte dei suoi appunti furono sequestrate dai servizi segreti.
Il regime russo voleva cancellarlo, ma la Storia lo ha riabilitato grazie a una pubblicazione postuma che, per fortuna, ha consegnato le sue parole all’immortalità che hanno sempre meritato.
Non poteva essere altrimenti, per lo scrittore che aveva decantato la libertà oltre ogni ostacolo, oltre ogni condanna, persino dentro il filo spinato dei lager. Le parole di Vasilij Grossman custodiscono il senso supremo della libertà dell’uomo e quel nocciolo di bene capace di sopravvivere anche in tempi disumani come quelli che hanno caratterizzato la seconda metà del Novecento.
Vasilij Grossman è passato alla storia non come scrittore, ma come simbolo. Oggi il mondo intero vede in lui, e in particolar modo nelle sue opere, l’emblema dell’anti-comunismo. Un’identificazione netta e totale, che contraddistingue solo i più grandi scrittori che riescono a portare la letteratura al suo livello più alto, estremo, fino a incarnare un’ideologia.
Grossman nacque il 12 dicembre 1905 a Berdičev, in Ucraina, da una famiglia di origine ebraica.
La sua biografia, come quella di tutte le menti illustre, è costellata da molteplici contraddizioni: il giovane Vasilij non fu subito un fervente oppositore del comunismo, anzi, in principio aderì con convinzione alle promesse che si andavano diffondendo nel 1917 con la Rivoluzione Russa. Fu la sua attività sul campo, come inviato di guerra, a fargli cambiare idea: Vasilij Grossman vide con i propri occhi la tragedia del secolo più atroce della storia mondiale, assistette in prima persona alle ingiustizie compiute dai regimi totalitari e impugnando una penna, l’unica arma in suo possesso, ne scrisse per tramandarne la memoria ai posteri.
A Grossman dobbiamo la descrizione forse più accurata degli inferni dei lager nazisti. Fu infatti tra i primi corrispondenti di guerra a entrare nel lager di Treblinka a seguito dell’Armata Rossa.
Tutto ciò che Grossman vide lo documentò, trasformandolo in una narrazione poderosa e incalzante, che emoziona e sconvolge. In Vita e destino l’autore ha raccontato gli orrori commessi dai regimi totalitari in un resoconto storico appassionato che getta luce sulle figure più ambigue del secolo breve, Hitler e Stalin.
L’incommensurabile pregio narrativo di Vasilij Grossman risiede proprio nella capacità di raccontare la Storia universale attraverso le vite minuscole dei personaggi loro malgrado coinvolti in una delle peggiori catastrofi del ventesimo secolo. I protagonisti dell’opera di Grossman, che ambiva a essere il “Guerra e pace” contemporaneo, sono donne e uomini, figli e figlie, gente semplice che si ritrova inviluppata nella rete violenta e implacabile degli anni di guerra.
Vasilij Grossman terminò la stesura di Vita e destino nel 1960 ed era perfettamente consapevole di aver appena concluso un’opera monumentale.
Ma Grossman non poteva sapere che i servizi segreti russi gli erano già alle calcagna. Il suo manoscritto era infatti già stato sottoposto all’esame del Comitato centrale del Partito comunista sovietico.
Nel febbraio del 1961 due agenti fecero irruzione nell’abitazione dello scrittore e gli confiscarono il manoscritto originale di Vita e destino, oltre alle copie carbone, le minute e persino i nastri della macchina da scrivere.
Il regime russo aveva intuito la pericolosità dell’opera, che conteneva una testimonianza accurata delle efferatezze commesse dallo Stato, e mirava a distruggerla sino a non lasciarne alcuna traccia.
Il Comitato centrale rilasciò un comunicato in cui affermava che, se pubblicato, Vita e destino avrebbe potuto provocare all’Unione Sovietica un danno incomparabilmente maggiore di quello arrecato dal Dottor Zivago di Boris Pasternak.
Mikhail Suslov, capo della sezione ideologica del Partito comunista, scrisse a Grossman una dichiarazione lapidaria: “Il suo libro corre il rischio di non vedere la luce prima di due o trecento anni”.
Per una serie di coincidenze fortuite una delle copie di Vita e destino finì tra le mani del fisico nucleare Andrej Sacharov.
Il dattiloscritto gli era stato consegnato da un amico dello scrittore. I due si ingegnarono per copiare il libro su un microfilm. L’operazione clandestina fu svolta da Sacharov, con la collaborazione della moglie Elena, nel bagno della loro casa di Mosca.
Le copie microfilmate vennero quindi consegnate alla ricercatrice austriaca Rosemarie Ziegler che riuscì a passare il confine russo, tenendo le copie microfilmate nascoste in una scatola. Arrivata a Parigi, Ziegler consegnò le copie dell’opera al filologo Efim Etkind, che stava saggiando la possibilità di pubblicare Vita e destino in Francia. La pubblicazione francese, tuttavia, non ha esito positivo e le copie dell’opera vengono esportate in Svizzera, precisamente a Losanna, dove c’è un editore interessato al libro.
L’editore si chiama Vladimir Dimitrijević, è di origine serba e sarà proprio lui a pubblicare la prima edizione di Vita e destino nella sua piccola casa editrice svizzera Éditions L’Âge d’Homme. Il romanzo sarà presentato, nel 1980, alla fiera internazionale del libro di Francoforte, lasciando basiti gli editori sovietici.
La prima edizione italiana dell’opera apparirà invece nel 1984 grazie alla casa editrice Jaca Book, mentre per la prima edizione russa bisognerà attendere il 1989, quando finalmente il libro vide la luce nell’edizione integrale con il titolo di Vita e destino cui si aggiunse la dicitura: “Secondo il manoscrittore dell’autore”. Sulla prima edizione russa si basa l’attuale traduzione realizzata da Adelphi.
La maestosa narrazione di Vita e destino sarebbe andata completamente perduta, se Vasilij Grossman non avesse avuto l’accortezza di affidarne delle copie dattiloscritte ad alcuni amici. Fu grazie a loro che l’opera sopravvisse alla distruzione voluta dalla censura comunista.