
(di Paolo Petroni) GABRIELE DI FRONZO, ”SFINGE” (EINAUDI, pp. 214 – 18,50 euro) – Un romanzo sul tempo, sulla solitudine che comunque ognuno porta con sé e sui conti sentimentali col passato, un romanzo davvero ricco che intesse mille fili, divagazioni, notazioni, storie che creano un tessuto, una scrittura e una narrazione avvolgente che cattura il lettore. Lo tesse l’io narrante, Matteo Lesables, un archeologo del Museo Egizio di Torino incaricato di curare i trasferimenti di opere e reperti inviati a mostre in tutto il mondo e qui, con una Sfinge da imballare e scortare a Shanghai, alla sua ultima missione prima di andare in pensione.
”Accompagnare le opere d’arte i giro per il mondo è la forma perpetua di esilio che mi sono scelto per tollerare la vita adulta”, occasioni per ”levarsi di torno” in molti momenti della sua esistenza tristi o lieti che fossero. Questa volta però è diverso perché l’ultima costringe la fuga a mutarsi in una serie di riflessioni, di conti con i ricordi e, in particolare, dare senso e trovare pace rispetto a un amore, un matrimonio finito da tempo con Sara, che riaffiora dal passato come la Sfinge con cui condivide un certo incomprensibile mistero. Il tutto passando da un museo a un altro: ”Un museo di antichità è un modo di pensare al passato con l’immaginazione.
Provai un’intensa consapevolezza della mia solitudine, accompagnata da un senso di amore e di gratitudine per quel rifugio”.
Shanghai è un posto ideale per un simile momento in cui si sciolgono alcuni nodi guardando alla propria vita. Un città inafferrabile e in cui tutto è nuovo e a Matteo pare ci sia sempre stato e assieme è volta al futuro, progetta e costruisce (”così si tiene in vita una civiltà, distruggendo tutto”), vivendo una sorta di presente sospeso, di cui è emblematico l’incontro amoroso con Qi, una bella donna che ”fa sospettare una certa dose di mistificazione anche nei discorsi più sinceri” e, non a caso, lo porterà a visitare, con un’emblematica immersione, quella parte della Muraglia cinese rimasta sommersa e intatta per la creazione di una diga. Tutto questo arricchito da mille notazioni, storie, curiosità, riflessioni che ne fanno un romanzo intellettuale, profondo con un’anima saggistica, ma sciolta in un sentimento esistenziale e una intensa costruzione narrativa, malinconica e disincantata, ma anche capace di ironia e sentimento.
I temi sono così tanti, ma si finisce sempre per tornare al problema del tempo, della conservazione e della fine. Le sue amate opere, compresa la Sfinge sono tesori che si è scelto di conservare ”in previsione del tempo in cui tutto scomparirà” sapendo che c’è un detto egiziano che recita: ”tutti temono il tempo, ma il tempo teme le piramidi. Se non sei una piramide, più di ogni altra cosa devi temere il tempo” e, quindi annota, ”viaggiamo innanzitutto per mettere quanta più distanza possibile tra noi e il luogo in cui sospettiamo che moriremo”, mentre la sabbia (Lesables è il cognome dell’archeologo Matteo) scorre nella clessidra. ”In un preciso momento la materia inorganica, che si decompone e muta costantemente, altererà anche la Sfinge, e proprio in vista di quel momento devo tenere i miei occhi ben piantati su di lei, per essere presente quando diventerà ciò che da tre millenni desidera diventare: polvere”, sabbia.
Shanghai comunque riserva una sorpresa: tra incontri ufficiali, resoconti professionali, l’attenzione e la conoscenza con Kong Yalei, un misterioso uomo d’affari che cerca il nostro protagonista e prova a coinvolgerlo in un suo progetto che prevede anch’esso un viaggio. E siccome di un romanzo si tratta non racconteremo altro, perché il lettore scopra da sé come il soggiorno e gli incontri cinesi faranno fiorire per Matteo qualcosa di nuovo.