NICOLA BIANCHI, IL CASO BRANCHI.
L’ULTIMA VERITÀ (Minerva, 192 pagine, 16,90 euro). Il 30 settembre 1988, a Goro, piccolo centro sul delta del Po ferrarese, il corpo nudo e martoriato di un ragazzo di diciotto anni viene ritrovato sull’argine del fiume. Quel ragazzo si chiamava Vilfrido Luciano Branchi, per tutti Willy. Un ragazzo alto, gentile, con un deficit cognitivo che lo rendeva vulnerabile e che, proprio per questo, divenne facile preda di un ambiente malato. La sua morte violenta non è mai stata chiarita. Omertà, paure, depistaggi: tutto ha contribuito a fare del caso Branchi uno dei misteri più oscuri e dolorosi della cronaca italiana.
A distanza di 36 anni, la sua storia torna in libreria con “Il caso Branchi. L’ultima verità di Nicola Bianchi”, giornalista del Resto del Carlino che da oltre un decennio segue la vicenda con inchieste, interviste, documenti e testimonianze.
Pubblicato da Edizioni Minerva nella nuova collana Ade – dedicata ai grandi casi irrisolti e alle zone d’ombra della giustizia – il volume è una ricostruzione completa, aggiornata e coraggiosa della vicenda. Con l’obiettivo di non essere solo un’inchiesta giornalistica, ma un percorso di memoria e ricerca civile. Dopo il primo libro “Storia di Willy” (2015), che contribuì alla riapertura delle indagini, e dopo il successo del podcast “Willy Branchi, l’ultima verità”, l’autore è tornato sulla vicenda, integrando materiali inediti, nuovi atti, intercettazioni e testimonianze mai rese pubbliche. Protagonista è Bice Forcucci, la madre di Willy, morta nel 2023 senza avere avuto i nomi dei responsabili. Le sue parole – “Parlate, non potete più andare avanti portandovi dietro un macigno del genere” – restano come un monito rivolto a una comunità che troppo spesso ha scelto di tacere.