(di Francesca Pierleoni) – ROMA, 17 GIU – La ‘storia delle origini’ di un artista anticonformista ma anche di un imprenditore brillante, creatore di un fenomeno editoriale (e da oltre 10 anni anche cinematografico), come la Marvel, che con il suo esercito di supereroi ha spesso riflesso il processo di cambiamento nella società, dagli X men, nati anche per sostenere la lotta per i diritti civili, a Black Panther. E’ il viaggio in autoritratto che compie il documentario ‘Stan Lee’ di David Gelb, disponibile su Disney+.
La formula è quella del racconto in prima persona, utilizzando le varie interviste concesse in oltre 90 anni di carriera da Lee, all’anagrafe Stanley Martin Lieber, newyorchese nato nel 1922 (è morto nel 2018 a 95 anni) da immigrati di origine romena. Un percorso nella vita di un uomo brillante, geniale, anticonformista, empatico, ottimista ma anche capace di capire i bisogni del pubblico, punteggiato da filmati, foto di famiglia, audio e che prende anche forma con fumetti originali e ricostruzioni con action figure. Stanley si è appassionato alla grande letteratura a nove anni, aveva come idolo cinematografico Errol Flynn e per i problemi economici in famiglia, ha iniziato a lavorare da 17enne, appena diplomato, nel mondo dell’editoria, grazie all’aiuto dello zio.
L’approdo è alla Timely Comics (poi conosciuta come Atlas comics) di Martin Goodman, che pubblicava fumetti come Submariner, Destroyer ma anche dal 1941, Captain America, creato da Jack Kirby e Joe Simon. Le regole allora, nello scrivere fumetti, erano non usare parole più lunghe di due sillabe, non caratterizzare troppo i personaggi e riempire le storie di azione. Lee però, comprende di poter dare ai comics una forma diversa, “creando personaggi in cui potersi immedesimare, persone come noi che acquisiscono superpoteri e che anche come supereroi commettono errori molto umani”. Il cambiamento costante diventa una svolta nel 1961, quando Lee, già da anni, di fatto, a capo della casa di fumetti, le cambia nome in Marvel e scrive in pochi mesi capolavori come i Fantastici 4 (“nascono come una risposta alla Justice League della Dc Comics e sono personaggi, che anche da supereroi, mantengono i proprio difetti”) Hulk, entrambi con i disegni di Jack Kirby, e Spider-Man, con Steve Ditko. In anni nei quali i ragazzi venivano spesso etichettati negativamente da una società borghese conservatrice, “volevo un adolescente che diventasse un supereroe – spiega – un ragazzo introspettivo, che si chiede il perché delle sue azioni”. Lee è sempre più cosciente anche dell’impatto sociale dei fumetti, e oltre al supporto dei diritti civili, si schiera negli anni della guerra in Vietnam per il pacifismo e l’antimilitarismo con Iron Man e nel 1971, accogliendo un invito della Dipartimento per la Salute, Educazione e Assistenza Pubblica, inserisce in Spider-man una storia sui pericoli dalle dipendenze dalla droga, attraverso la vicenda di un amico dell’Uomo ragno che diventa tossicodipendente. Il film non fiction tocca tuttavia anche la sfera più privata di Lee, attraverso il racconto dell’amore durato 70 anni una vita con la moglie, ex modella, Joan Boocock (morta nel 2017), donna brillante e indipendente che l’ha sempre incoraggiato e spesso ha dato voce a personaggi Marvel in alcune serie animate. E il ritratto del grande creatore non tace anche sui contrasti con due dei suoi principali autori, Ditko e soprattutto Kirby. L’ultimo capitolo più frettoloso è sulla nuova vita, dopo l’acquisizione della Marvel da parte della Disney, data ai personaggi, con i film nei quali Lee, non è mai mancato con i suoi cameo. “Quando crei un personaggio, non cercare di accontentare una fascia di pubblico, parti da ciò che conosci di te stesso – spiega -. I nostri sono degli eroi con delle fragilità e anche i nostri cattivi speso hanno degli aspetti negativi comprensibili. C’è tra loro spesso una linea sottile, come succede nel mondo vero, dove le cose non sono in bianco e nero”. .