Le proteste “che ci sono state in Russia nel giorno dei funerali di Navalny e per le elezioni che hanno riconfermato Putin dimostrano che l’opposizione al putinismo esiste ed è abbastanza forte per certi versi. Non sono punte estreme, ma indicano qualcosa di più profondo nella società”. Lo dice all’ANSA Boris Belenkin, responsabile della Biblioteca di Memorial (l’Ong russa premiata con il Nobel per la pace nel 2022 per il suo impegno nella difesa dei diritti umani) dal giorno della sua fondazione fino alla liquidazione per una sentenza giudiziaria dell’organizzazione a Mosca due anni fa.
Il dissidente russo, che dal giudizio contro Memorial (ancora attiva in altri luoghi in Russia e all’estero, ndr) ha lasciato con la famiglia il suo Paese ed ora vive nella Repubblica Ceca, è appena arrivato a Roma dove il 23 marzo sarà tra gli ospiti di Libri Come per presentare il suo ultimo volume, appena pubblicato da Rizzoli, Non lasciare che ci uccidano – Storie di Memorial. Lo storico sarà poi il 24 marzo a Milano, per un incontro alle 18 al Memoriale Della Shoah.
“Per me è stata una sorpresa il numero così elevato di persone che hanno partecipato ai funerali di Navalny, pensavo ci sarebbero andati al massimo qualche centinaio di cittadini, invece sono stati decine di migliaia. Mi ha stupito anche vedere tra i partecipanti tantissimi ragazzi: ciò che è accaduto in quella giornata mi ha dato per la prima volta in due anni una sensazione positiva rispetto al mio Paese”. Inoltre “mi ha dato speranza vedere chi ha scelto manifestazioni di dissenso e di memoria di Navalny durante il voto, come presentarsi ai seggi alle 12 (lo aveva chiesto la vedova del dissidente, Yulia Navalnaya, per manifestare un segno di protesta, ndr) rispetto ad elezioni che valevano quanto uno zero nel seggio elettorale”.
Decisamente meno positivo è Belenkin rispetto ai conflitti in Ucraina e a Gaza: “Penso che il Papa, una persona che rispetto molto, abbia ragione. Quello che sta succedendo oggi può essere anche chiamato terza guerra mondiale. Ci sono tutti i presupposti per una conversione di questa guerra fatta a blocchi in una guerra più totale”.