– ROMA, 12 MAG – “La queerness familiare è una cosa
che esiste e raccontarla è una necessità sempre più politica,
con un governo fascista che per le famiglie non riconosce altro
modello che il suo”. Lo scrive su Instagram Michela Murgia in un
post in cui mette un altro tassello al diario social di questi
giorni sulla sua sua malattia e sul modo di affrontarla con il
sostegno della sua queer family. Oggi racconta l’usanza sarda di
utilizzare il termine è “sa sposa/su sposu” riferita a rapporti
che col fidanzamento non hanno nulla a che fare, così come col
genere o con l’età.
“Nella queer family che vivo non c’è nessuno che non si sia
sentito rivolgere il termine sposo/sposa in questi anni. Dopo lo
sconcerto dei non sardi, ha vinto l’evidenza: l’elezione amorosa
va mantenuta primaria, perché nella famiglia cosiddetta
tradizionale i sentimenti sono vincolati ai ruoli, mentre nella
queer family è esattamente il contrario: i ruoli sono maschere
che i sentimenti indossano quando e se servono, altrimenti
meglio mai”.
Insomma, sostiene la scrittrice, “usare categorie del
linguaggio alternative permette inclusione, supera la
performance dei titoli legali, limita dinamiche di possesso,
moltiplica le energie amorose e le fa fluire”. .