(di Mauretta Capuano) – ROMA, 23 GIU – Ha scritto un romanzo sul suicidio, “uno dei grandi tabù della nostra società, un assoluto rimosso” e al di là di ogni aspettativa, Matteo B. Bianchi ha avuto una grande accoglienza dai lettori. Il suo libro La vita di chi resta (Mondadori), tra gli appuntamenti più attesi di oggi a Passaggi Festival di Fano (Pesaro Urbino), è stato un successo editoriale, è stato candidato al Premio Strega 2023 da Paolo Cognetti, quando ci si aspettava che sarebbe rimasto confinato in una nicchia.
“Non sono mai stato un autore bestseller, è la prima volta che sono entrato in classifica e non mi aspettavo accadesse con questo libro. Lo abbiamo ristampato dopo due giorni dall’uscita a fine gennaio 2023 e siamo arrivati a cinque ristampe. E’ andato spontaneamente. Ha avuto un’accoglienza sbalorditiva” dice all’ANSA Matteo B. Bianchi che ha vissuto l’esperienza del suicidio del suo ex ragazzo, S. nel libro, più di vent’anni fa.
“Non lo ho scritto per aiutare me, ma gli altri. Volevo fosse al servizio di chi legge.
Ha aperto uno squarcio. E’ un moto d’onda che si sta espandendo.
Esce dalla letteratura per entrare nella vita delle persone. Ci sono tante iniziative. Mi stanno invitando in un sacco di convegni e associazioni. Ci sono terapeuti che mi scrivono” racconta lo scrittore, anche autore per la radio e la tv, che ha fondato e dirige la rivista di narrativa indipendente ‘tina’ ed è il direttore editoriale di Accento edizioni.
“Si parla della vittima mai di chi sopravvive quando si affronta il tema del suicidio. Sapevo, avendo vissuto questa esperienza, di questo silenzio assordante. Chi resta è abbandonato a se stesso. Ho scritto questo libro proprio perché ho provato questo senso di abbandono e sapevo che scrivere questa storia poteva essere di conforto per tanta gente” dice Matteo B. Bianchi che ha dedicato il romanzo ai sopravvissuti.
“Non esiste un protocollo medico scientifico di assistenza ai sopravvissuti, in nessuna parte del mondo. Il libro affronta in modo diretto il tema del dolore e del lutto, in molti si riconosco. Da un lato c’è una lacuna enorme e dall’altro il libro ha toccato molte persone. Verrà tradotto anche negli Stati Uniti, in Giappone e Corea” spiega.
“C’è una rimozione volontaria della morte. Certi temi si tende a non affrontarli. Per trovare la chiave romanzesca ho impiegato più di 22 anni e ci pensavo da 20 anni. Ho aspettato molto tempo perché dovevo avere la distanza emotiva, la giusta dose di consapevolezza e dovevo trovare una forma letteraria. Volevo raccontare la mia storia non per parlare di me ma perché fosse simbolica di tante altre, tanto è vero che il romanzo ingloba altre storie” racconta.
Pertanto tempo Matteo B. Bianchi che distingue tra lui scrittore e lui persona, si è chiesto come si può raccontare il momento più doloroso della propria vita in maniera interessante. “Volevo evitare la pornografia del dolore e ho trovato questa formula di raccontarlo a frammenti di paragrafi brevi, brevissimi, di tre quattro righe a volte. Racconto la devastazione che ci lascia a pezzi narrandola a pezzi. E’ simbolico e rappresentativo. Questo libro parte dal dolore ma arriva da un altra parte” sottolinea.
Nel finale ci sono tante testimonianze e quella in chiusura da una luce. “E’ possibile la rinascita, anzi è necessaria. O soccombi o reagisci. E’ importante imparare a reagire. Mi è successa nel ’98 questa vicenda e non c’era nulla, nessuna iniziativa a supporto di chi resta. Quando ho iniziato a scrivere era cambiato molto poco. E’ preoccupante” dice lo scrittore, autore tra l’altro di Esperimenti di felicità provvisoria, Maria accanto e della biografia Yoko Ono.
Dichiarazioni d’amore per una donna circondata d’odio.
“In tutte le presentazioni mi capitano anche delle situazioni davvero commoventi. C’è gente che si mette a piangere, mi abbraccia e se ne va. L’ondata umana è enorme” dice lo scrittore che a Fano sarà in dialogo con Giulia Ciarapica. .