“Abbiamo un bel dire che delle frontiere ci vogliamo sbarazzare, che l’Europa è ormai senza frontiere. La realtà è un’altra. Gli stati moderni non cessano di produrre nuove frontiere e le vecchie frontiere europee, quelle che Schengen doveva cancellare, impercettibilmente si stanno richiudendo”: la verità è “che non vogliamo mescolarci e questo potrebbe anche avere una sua legittimità se non fosse che alla fine sul distinguere prevale il respingere, il rifiutare l’altro da sé, in una gerarchia razziale degli ammessi e respinti”.
Lo ha detto lo scrittore Diego Marani intervenendo su “Com’è cambiata oggi la percezione del confine?” con Marianna Accerboni, nell’ambito degli eventi della mostra “OPEN. Confini di luce per un mondo di pace”, curata dalla stessa Accerboni.
Citando lo storico francese Michel Foucher, Marani ha detto che “dal 1991, solo in Europa e Asia centrale sono stati tracciati 30mila chilometri di nuove frontiere. E altri 24mila sono stati oggetto di accordi e delimitazioni provvisorie; vanno aggiunti i 18mila di muri o reticolati o barriere progettati e non ancora realizzati”. Britannici e francesi “detengono il record mondiale, i primi con il 21% e i secondi con il 17% di tutte le frontiere della terra” e oggi “la frontiera che una volta era la cortina di ferro e ci illudevamo potesse scomparire, si richiude in un modo diverso”. Per Marani, “servirebbero dunque lo sradicamento dello stato nazionale – il più astruso e mortifero artificio politico che la storia abbia mai conosciuto e la causa di tutte le tragedie degli ultimi due secoli – e riconoscersi patrioti non di un pezzo di terra, non di una mitologia da caricatura ma di principi e valori condivisi: libertà, stato di diritto, democrazia, pari opportunità”.