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Pubblicado da Collezionista di News in 4 Dicembre 2025
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    (di Francesco De Filippo) La cena a casa di Zanzotto consumata su un’asse da stiro in assenza di tavolo, lo ‘sgabuzzino’ segreto di Zigaina o anche il ‘non prendiamoci troppo sul serio’ di Montale: Mladen Machiedo, classe 1938, croato di Zagabria, scrittore, poeta, editore, traduttore, docente a vita a Zagabria, si racconta in un film-intervista, “La quotidianità non ordinaria di un italianista croato”. E racconta aneddoti su stranezze, peculiarità e acutezza di scrittori italiani che ha frequentato nel corso della sua vita.
        Traghettatore della cultura italiana nella ex Jugoslavia grazie alle traduzioni di Montale, Campana, Calvino, Pavese, Machiedo ha pubblicato volumi e saggi sulla letteratura in croato e in italiano; di sangue mediterraneo (la radice del cognome, Macedo, ha derivazioni portoghesi) e mitteleuropeo, ha studiato alla Normale di Pisa (1969-1970). Spassoso uno degli incontri con il poeta Andrea Zanzotto: “A Milano era quasi una festa se c’era Bartolo Cataffi: cene laute, con vini siciliani.
        Con Zanzotto era diverso: ero a casa sua, gli chiedo, ‘hai fame?’ E lui, in dialetto: ‘Non mi sento tanto ben, xe un negozio zo’ … una cenetta fredda’. Facciamo la spesa, alla romana tutto a metà; risaliamo, nel suo studio non c’è il tavolo e alla scrivania non si potevano infilare i piedi. Allora prende un’asse da stiro, io mi siedo dal lato appuntito, lui dall’altro, in mezzo il cibo comprato”. Per Machiedo, Zanzotto è “un curioso esempio di concentrazione su molecole verbali. Con il minimo cerca di penetrare nell’ignoto partendo da squisite particolarità del linguaggio. Ma quando fa il critico esce da se stesso ed è straordinario: come critico vive a lungo, come poeta è per una ristretta cerchia”.
        Montale amava “soprannominarsi Eusebio, aveva un tratto pirandelliano. ‘Non prendiamoci troppo sul serio’ era la sua lezione, durevole”. Quando vinse il Nobel “davanti a casa sua a Milano era pieno di giornalisti, che non riceveva. Io ero un suo traduttore e sono salito”. Machiedo ha vissuto “in 4 Stati, senza mai cambiare luogo”, ha “superato due guerre, ma alla terza non si sopravvive”. “Pubblicai di Pasolini, ‘Intendo la libertà come una morte di ferite appositamente cercata’, la morte profetizzata da lui stesso, fu il pittore Giuseppe Zigaina a scoprirlo quando si parla di ‘suicidio a delega’. La critica lo cita come amico di Pasolini mai come suo critico letterario”.
        “Andai da Zigaina, in Friuli, mi fece entrare in uno sgabuzzino – questo non si sa in Italia – Era tappezzato di Pasolini. Ho scoperto un uomo estremamente versatile e modesto”. Ruggero Jacobbi? “Non meno geniale di Umberto Eco; genio in voce e scritto. Parlo di lui e Cataffi come fratelli maggiori”.
        “Scrivo a mano poi copio il testo a macchina e una collaboratrice”, li ricopia al pc; non ha la patente – “ho abitato a Zagabria vicino a una fermata di tram” – si definisce “datato” e letterariamente “erede dei modernismi. Uno come me fatalmente, grazie alla longevità deve vivere tra i post moderni, quindi brevità si impone”. Lontano da Gadda, si sente più affine ad Alberto Savinio. Machiedo pensa e parla correttamente quattro lingue, cominciò a studiare l’italiano apprendendolo dalle canzoni di Sanremo; traduce da italiano, francese, spagnolo, portoghese.
        Il film “La quotidianità non ordinaria di un italianista croato” è prodotto da J.C. Damir Murkovic per la Comunità croata di Trieste, è curato da Cristina Bonadei, per la regia di Matteo Prodan.
       

    — Fonte: RSS di ANSA
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