MARIA NADIA COVINI, LUDOVICO MARIA SFORZA (SALERNO EDITRICE, PP. 296, EURO 26) Nella Pala Sforzesca, conservata alla Pinacoteca di Brera, Ludovico è rappresentato in maniera sfarzosa – davanti alla Vergine col Bambino – e protetto da sant’Ambrogio, che gli pone la mano sulla spalla. Chi vuole addentrarsi nella storia lombarda e rinascimentale, non potrà non imbattersi nella figura di questo settimo duca di Milano, nato nel 1452 e morto nel 1508, conosciuto come Il Moro, nomignolo che gli viene dato perché ha i capelli corvini e la pelle olivastra.
Maria Nadia Covini, docente di Storia medievale all’Università degli Studi di Milano, in ‘Ludovico Maria Sforza’, saggio uscito per Salerno Editrice, traccia un ampio profilo di questo importante uomo politico e racconta della sua corte, meta di intellettuali e artisti come Bramante e Leonardo, coetaneo del Moro.
Il volume riempie un vuoto perché una vera e prioria biografia di Ludovico Maria Sforza non è mai stata scritta” e “la cosa è abbastanza sorprendente”, commenta l’autrice. Una delle spiegazioni è che “la Lombardia ducale, presso gli storici stranieri ma anche nella storiografia italiana, non ha avuto la stessa fascinazione delle repubbliche, per esempio quella veneta e quella fiorentina”, osserva.
Ludovico riuscì a salire al potere pur essendo “un cadetto destinato a un profilo politico minore”, arrivò al traguardo, “superò insidie e ostacoli provenienti da molti avversari e nemici” ed “è più che fondato il sospetto che facesse uccidere il giovane nipote duca, avvelenandolo, per prendere il suo posto”. Fatale, invece, per il Moro si rivelò “Luigi XII che prima, da duca di Orléans, lo contrastò occupando Novara nel 1495, e nel 1500 diventato re di Francia lo sconfisse e lo relegò in una prigione presso Tours, dove restò rinchiuso fino alla fine dei suoi giorni”.
La Milano di Ludovico era una città brillante, piena di artisti e intellettuali. Leonardo si presenta al duca con un curriculum in cui spiega di essere abile nel disegno, nella scultura, nella costruzione di macchine belliche, congegni idraulici, musica e poesia. Il Cenacolo è una delle opere che Ludovico commissiona al genio fiorentino. Al riguardo si narrano svariati aneddoti:”Sono proverbiali i ritardi di Leonardo per l’esecuzione del Cenacolo. Secondo un famoso brano di una novella di Matteo Bandello, al tempo in cui dipingeva l’Ultima cena per i frati di Santa Maria delle Grazie, Leonardo andava nel refettorio, saliva sui ponteggi, dava qualche pennellata svogliatamente e poi si allontanava e non si faceva trovare”, scrive Covini. Leonardo, infatti, era un sognatore e “amava vagare con la mente”, “amava guardare e disegnare le nuvole, si incantava a vedere i giochi dell’acqua e i voli degli uccelli, o si soffermava ad ammirare un muro scrostato vedendovi dei disegni immaginari”. Quanto a Bramante, tra i lavori che l’architetto e pittore marchigiano realizza alla corte milanese del Moro: la ricostruzione della chiesa di San Satiro, la tribuna absidata di Santa Maria delle Grazie.