In attesa di scoprire il vincitore/la vincitrice della settantaseiesima edizione del Premio Strega, che sarà svelato oggi 7 luglio al Ninfeo di Villa Giulia a Roma, andiamo a scoprire la storia della prima edizione del premio letterario più importante d’Italia. Una lunga storia letteraria tra tradizione e innovazione che racconta l’amore per la cultura di un intero paese e, soprattutto, la volontà di riscatto della narrativa che prende forma e si fa racconto a sé stante, leggenda svincolandosi dalle briglie dittatoriali della Storia.
Il premio Strega inaugurava una nuova visione della letteratura democratica e alla portata di tutti. La guerra era finalmente conclusa, si era dischiuso un nuovo orizzonte fatto di diritti civili e politici dove “tutti potevano essere lettori”: questo era il messaggio racchiuso nella nascita del più grande premio letterario nazionale.
Una tradizione che prosegue da settantasei anni e ancora porta la memoria di una donna, la sua storica ideatrice: Maria Bellonci. Con lei, in quel lontano 1947, tutto ebbe inizio.
E’ il 1944 quando Maria Bellonci decide di organizzare un salotto letterario in grado di ospitare i maggiori artisti e intellettuali dell’epoca: la sede prescelta per gli incontri fu la sua abitazione, in viale Liegi a Roma, nei pressi di Viale Regina Margherita. Proprio nel suo salotto la Bellonci, insieme al marito Goffredo – illustre giornalista e critico – dischiuse le porte alla cultura nel clima di cauta speranza del secondo dopoguerra. Un segno di rinascita per l’Italia logorata dal ventennio di dominazione fascista che ora tornava a sognare nel nome della letteratura e dell’arte. Le prime riunioni furono mosse da un desiderio di fratellanza intellettuale, dalla necessità di far fronte al comune sentimento di incertezza nei confronti del futuro.
La letteratura divenne il collante di quel “tentativo di tenersi uniti”, una voce attraverso cui narrare le vicissitudini della storia dando a esse una forma e una visione. Da questa straordinaria e irripetibile comunione di intenti nacque l’idea di un Premio che avrebbe avuto l’arduo compito di salvare la cultura italiana dispersa dalla guerra.
Nel libro testimonianza Come un racconto. Gli anni del premio Strega Maria Bellonci scrive queste parole (1969):
Cominciarono, nell’inverno e nella primavera 1944, a radunarsi amici, giornalisti, scrittori, artisti, letterati, gente di ogni partito unita nella partecipazione di un tema doloroso nel presente e incerto nel futuro. Poi, dopo il 4 giugno, finito l’incubo, gli amici continuarono a venire: è proprio un tentativo di ritrovarsi uniti per far fronte alla disperazione e alla dispersione.
Nel luogo di ritrovo iniziarono a radunarsi grandi personalità come Elsa Morante, Alberto Moravia, Carlo Emilio Gadda, Giuseppe Ungaretti, Carlo Levi. Scattò subito la scintilla, ma c’era bisogno di un nome: si chiamarono Amici della domenica, in onore del giorno in cui avevano luogo le riunioni. Grazie al confronto letterario continuo, la fucina di menti decise ben presto di voler dar vita ad un premio letterario diverso da tutti gli altri già presenti sul territorio nazionale e più democratico.
Era, però, necessario un finanziatore. Maria Bellonci lo trovò in Guido Alberti, proprietario della fabbrica di torroni e del liquore Strega, che diede successivamente il nome al premio. Alberti, amico della famiglia Bellonci, era non solo impresario, ma anche un uomo vivace di cultura che aveva intrapreso la carriera da attore, lavorando con registi come Pasolini e Fellini.
Il premio fu istituito ufficialmente il 27 febbraio 1947 con un fondo di duecentomila lire messo a disposizione dai fratelli Alberti della ditta Strega. Maria Bellonci ne celebrò la nascita con un articolo pubblicato sulla rivista Fiera letteraria. Dopo i ringraziamenti dovuti a Guido Alberti, Bellonci proseguì nell’illustrare il regolamento del premio. Avevano diritto al voto tutti gli amici che frequentavano le riunioni domenicali. La prima edizione ne contava un totale di centocinquanta. Dopo un primo scrutinio volto a sorteggiare cinque opere di narrativa pubblicate negli ultimi dodici mesi si sarebbe proseguito con una seconda votazione, sempre su scheda segreta, volta a eleggere il vincitore il primo giovedì di luglio.
Ciò che più colpisce dell’articolo di Maria Bellonci è il ritratto della giuria, da lei definita “vasta e democratica”: scrittori illustri del calibro di Morante e Piovene si confrontavano infatti con lettori senza alcun merito artistico a parità di voto.
Il primo giovedì di luglio fu proclamato il vincitore della prima edizione del Premio Strega. Nella cinquina si fronteggiavano grandi nomi: Corrado Alvaro, Gianna Manzini, Giuseppe Berto, il poeta Libero Bigiaretti e Ennio Flaiano. Quest’ultimo vinse con il romanzo Tempo di uccidere, edito da Longanesi.
Il romanzo appariva controverso e scomodo, distante dagli standard dell’epoca: per scriverlo Flaiano, giornalista e drammaturgo noto all’epoca come sceneggiatore di Fellini, si ispirò alla propria esperienza militare in Etiopia. Buttò giù il romanzo in soli tre mesi, su commissione di Leo Longanesi.
Il romanzo racconta le vicende di un tenente italiano in Abissinia che durante la guerra si trova a confrontarsi con gli aspetti più oscuri di sé stesso e dell’animo umano. Un libro duro, tragico, che svelava l’ipocrisia racchiusa dietro le missioni belliche coloniali.
Fu l’unico romanzo scritto da Flaiano nella sua lunga carriera letteraria caratterizzata da racconti brevi, articoli, diari ed elzeviri. Tempo di uccidere fu paragonato da Alberto Moravia a Lo Straniero di Albert Camus.