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Leonardo Sciascia nasce a Racalmuto, in provincia di Agrigento l’8 gennaio 1921. Ha altri due fratelli. Suo papà Pasquale è impiegato. Sua madre Genoveffa è casalinga. La sua infanzia è costellata di zie e zii, che animano la casa di via Regina Margherita, 37, oggi via Leonardo Sciascia.
E’ stato uno scrittore molto prolifico. Tra i suoi libri più famosi, spicca Il giorno della civetta, ma non è il solo.
Per conoscere la sua opera, non si può prescindere da La morte dell’inquisitore, A ciascuno il suo, La scomparsa di Majorana, Il cavaliere e la morte, L’affaire moro, Todo Modo e Il mare colore del vino.
Nel 1935 la famiglia si trasferisce a Caltanissetta. Qui Leonardo frequenta l’istituto magistrale: tra i suoi insegnanti c’è Vitaliano Brancati, che diventerà fondamentale nell’istruzione del futuro scrittore. Legge gli autori francesi e forma la propria coscienza civile sulle opere di Voltaire, Montesquieu, Cesare Beccaria, Pietro Verri. Proprio a Caltanissetta vive gli anni più importanti della sua vita.
Esonerato per due volte alla visita di leva, alla terza viene assegnato ai servizi sedentari. Nel 1941 prende il diploma magistrale e nello stesso anno si impiega al Consorzio Agrario, occupandosi dell’ammasso del grano a Racalmuto, dove rimane fino al 1948. Qui costruisce un forte legame con la realtà contadina.
Nel 1944 sposa Maria Ardonico: la coppia ha due figlie, Laura e Anna Maria. Quattro anni dopo affronta il dolore del suicidio del fratello Giuseppe.
Nel 1957 va a Roma, dove lavora presso il Ministero della pubblica istruzione, ma l’esperienza dura un anno. Torna a Caltanissetta con la famiglia, dove diventa impiegato di un ufficio del Patronato scolastico. Nel 1967 si trasferisce a Palermo per seguire negli studi le figlie e per scrivere. Due anni dopo inizia la sua collaborazione con il Corriere della Sera. Nel 1970 va in pensione.
Al centro della sua riflessione ci sono Cosa nostra, corruzione e potere nell’Italia del Dopoguerra.
Appassionato autore civile, nel 1978 ricostruisce i fatti del rapimento Moro e analizza il linguaggio delle lettere del leader della Democrazia cristiana ne “L’affaire Moro”.
Partecipa attivamente alla vita politica del Paese: dopo essere stato consigliere comunale a Palermo in quota al Pci, dal 1979 al 1983 è deputato in Parlamento per il Partito radicale.
Il 20 novembre 1989 muore a Palermo a 68 anni. Dopo un’intensa attività di scrittura e di impegno politico, alla metà degli anni Ottanta gli viene diagnosticato il mieloma multiplo.
Decide di farsi seppellire nel suo paese natio. Sulla sua lapide compare solo una frase del commediografo francese Auguste de Villiers de L’Isle-Adam:
“Ce ne ricorderemo, di questo pianeta”.