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La vita di Charles Baudelaire è breve, vive 46 anni, riflette l’immagine del poeta maledetto, bohème (scapigliato) e geniale.
È universalmente riconosciuto come uno dei più eminenti poeti del XIX secolo, figura chiave del simbolismo e membro distintivo del movimento parnassiano. Il suo ruolo di grande innovatore nel campo lirico e la sua capacità di anticipare il decadentismo lo pongono in un posto di rilievo. La sua opera principale, “I fiori del male“, è acclamata come uno dei capolavori della letteratura francese e mondiale.
Il pensiero, la produzione letteraria e la vita di Baudelaire hanno avuto un impatto profondo su molti autori successivi, inclusi i “poeti maledetti” come Verlaine, Mallarmé e Rimbaud, così come su figure come Emilio Praga nella scapigliatura italiana, Marcel Proust, Edmund Wilson, Dino Campana e soprattutto Paul Valéry. Questa influenza si estende oltre correnti letterarie e periodi storici differenti. Baudelaire è ritenuto ancora oggi non solo un precursore della letteratura decadente, ma anche un pioniere nella trattazione poetica e filosofica della società, dell’arte, delle relazioni umane, delle emozioni, dell’amore e della vita stessa, concetti da lui definiti come “modernismo”.
Nato a Parigi nel 1821. Suo padre morì quando lui aveva 6 anni e godette di un felice e breve periodo di tutte le tenerezze della madre, però quando lei si risposò con un ufficiale, lui si sentì tradito. Con la maggiore età entrò in possesso dell’eredità paterna, che, però dimezzo in pochi anni con il suo tenore di vita, il patrigno lo mise sotto la custodia di un notaio, dal quale aveva un modesto stipendio mensile.
Comincia a lavorare come giornalista, e critico d’arte e musica. Nel 1848 partecipa alla rivoluzione parigina. Si dedica poi alla vita elegante e dispendiosa del dandy (uomo dai gusti raffinati ed eccentrici che, disgustato dalla mediocrità della vita comune, tenta di attuare il progetto di una vita al di là della morale comune, fondata sul culto dell’apparenza e dell’Estetismo) vivendo in un lussuoso appartamento con l’attrice Jeanne Duval alla quale rimase legato per tutta la vita. Incalzato da debiti e usurai, si rifugiò nella squallida vita della metropoli, cercando di evadere dai suoi problemi attraverso l’alcol e la droga. Avvertita però il bisogno di riscattarsi, di vivere una vita ordinata e normale. Nel 1857, pubblica “I fiori del male”, la raccolta di poesie che segna la definitiva rottura con la tradizione e inaugura la lirica moderna. Fu censurata, per oscenità oltraggio alla morale, solo parzialmente. Nel 1863 pubblica l’altra raccolta di poesie “Spleen di Parigi”. Colpito da una paralisi, muore nel 1867. Tra le sue opere più significative si ricordano: il racconto “Fanfarlo” (1847); i saggi “I paradisi artificiali” (1861); “I poemetti in prosa” che sono stati pubblicati postumi nel 1869.
Baudelaire ha fatto entrare nella lingua francese una parola inglese “spleen”, che appartiene al lessico medico e significa “umore nero”. La parola descrive lo stato d’animo che deriva da quest’ “umore nero”: noia, angoscia dell’esistenza, disgusto di tutto, scoraggiamento che provoca crisi accompagnate da allucinazioni, malinconia esasperata che accentua l’angoscia del Tempo.
Ma per Baudelaire questo sentimento è ancora più radicale e profondo del male del secolo dei primi Romantici, e si accompagna ad un’aspirazione all’ideale, l’esatto sentimento contrario.