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Simone Weil nasce il 3 febbraio 1909 a Parigi, filosofa sociale, mistica cristiana e attivista nella Resistenza durante la II Guerra Mondiale, ha affascinato il mondo per la sua straordinaria vicenda esistenziale e per i suoi ideali di giustizia sociale. Nata da una ricca famiglia ebraica non praticante che le consentì un’educazione perfetta anche se alquanto severa. Di salute cagionevole, a 16 anni ebbe una grave crisi depressiva e iniziò a soffrire di tremende emicranie. Seguì studi di filosofia, filologia e scienze; nel 1928 si classificò prima all’esame di ammissione presso l’École Normale Supérieure (seguita da Simone de Beauvoir, che arrivò seconda).
Interessata al movimento operaio e al sindacato, si avvicinò al Marxismo (del quale rifiutò però il totalitarismo) – ospitando per un breve periodo Trotzkij, oppositore antistalinista riparato all’estero – e fu vicina alle correnti anarchiche.
Tra il 1931 e il 1938, fu insegnante di filosofia presso alcuni licei femminili, incontrando spesso problemi con i rappresentanti scolastici istituzionali e subendo ingiusti trasferimenti a causa del suo impegno civile a sinistra, dalla parte dei più poveri, e del suo attivismo sovversivo alla testa di manifestazioni e picchettaggi, e alle prese con semidigiuni di supporto o di protesta.
Tutto questo fa parte della sua ansia di rinnovamento sociale, del suo desiderio di veder migliorare il mondo. E’ la spinta di questa potente pulsione interiore che la induce dapprima a lavorare come fresatrice alla Renault e in seguito, sull’onda di un viaggio in Portogallo, ad avvicinarsi al cristianesimo nella sua forma più radicale e, se volgiamo, più autentica. Simone Weil percepisce sulla sua pelle, attraverso le sue scelte e il suo “sperimentarsi”, l’intima affinità che esiste fra la figura di Cristo e quella di tutti i poveri che camminano sulla Terra; un’affinità che però, nell’ottica della Weil, ha il sapore del riscatto.
Politica e religione formano una miscela esplosiva nel suo cuore tanto che nell’agosto del 1936 parte per arruolarsi nelle file degli anarco-sindacalisti, unendosi alla rivoluzione che voleva cambiare la Spagna e che si trasformò in una sanguinosa guerra civile.
L’alta coscienza morale della scrittrice e il suo lucido sguardo non possono però nasconderle che il suo impegno è, nei fatti, un supporto al massacro che andava perpetuandosi e che le sue nobili aspirazioni mal si conciliavano con quel che stava succedendo nel paese andaluso.
Delusa, parte dunque per Assisi alla ricerca di pace spirituale. Qui ha una potente crisi che trasforma la sua conversione in qualcosa di ancora più definito. Da allora la poesia diventa quasi una forma di preghiera.
Nella primavera del 1940 Simone Weil conoscerà le Bhagavad Gìta dalla cui lettura riceverà, per sua ammissione, un’impronta permanente.
Su consiglio di René Daumal, grande storico delle religioni, si avvierà oltretutto allo studio del sanscrito, lingua originale del testo sacro.
Tornata a Marsiglia riprende i contatti con gli ambienti della Resistenza ma la rete alla quale appartiene viene scoperta e nella primavera del 1941 viene interrogata più volte dalla polizia che fortunatamente non l’arresta.
Nel 1942 prende una delle decisioni più difficili della sua vita: raccoglie i suoi vestiti, le poche cose che le appartenevano ed emigra negli Stati Uniti con i genitori, ma solo per realizzare il suo progetto di raggiungere il Comitato nazionale di “France libre” e con la speranza di rientrare clandestinamente in patria per partecipare attivamente alla Resistenza.
A New York conosce, fra gli altri, Jacques Maritain, già celebre filosofo. Il 14 dicembre si stabilisce a Londra dove viene assegnata come redattrice alla “Direction de l’interieur de la France Libre”. Già stanca e malata, provata dalle numerose sofferenze a cui aveva volontariamente sottoposto il suo fisico, in un tentativo di comunione estrema con i poveri e con Dio sempre inseguito, muore nel sanatorio di Ashford il 24 agosto 1943.
Tutti i suoi scritti (numerosi e interessantissimi) riflettevano questi contrastanti sentimenti ed erano imbevuti di ricerca di verità e di carità (intesa sia come riconoscimento della dignità dell’altro sia come atto di giustizia, al fine di restituire all’altro ciò che gli è dovuto per il valore della sua umanità), di senso religioso e di etica, di politica marxista e di giustizia sociale ma con nel fondo una sorta di pessimismo utopico contrapposto al soggettivismo moderno. Essi sono stati pubblicati postumi negli anni ’50: in vita pubblicò soltanto qualche poesia e diversi articoli sotto lo pseudonimo Emile Novis, frutto di un anagramma. La pubblicazione integrale è stata fatta in modo filologico (tentando di evitare criteri non arbitrari), a cura soprattutto del padre domenicano Joseph- Marie Perrin, amico e confidente di Simone, e dello scrittore francese Gustave Thibon che l’aveva conosciuta alla fine degli anni ’40 e che aveva ricevuto in consegna tutta la sua produzione; è possibile che essi, senza volerlo, abbiano interpretato il suo pensiero filtrandolo attraverso la loro devozione cattolica.
Tra le opere più importanti della Weil, che coprono due periodi (uno di pensiero politico-filosofico e uno di studi teologico-spirituali), sono da ricordare: L’ombra e la grazia (1947) – le due forze primitive che regnano sugli esseri umani – , una raccolta di saggi religiosi e aforismi; La prima radice (1949) contro tutte le logiche di sradicamento capaci di costruire all’uomo un mondo fittizio e sugli obblighi che competono agli individui e allo Stato (un’analisi concreta contenente anche un piano ambizioso da lei suggerito per il futuro della Francia dopo la guerra mondiale); Attesa di Dio (1950), la sua autobiografia spirituale; La conoscenza soprannaturale (1950); Lettera a un religioso (1951); La Grecia e le intuizioni precristiane (1951); i tre volumi di Quaderni (1951-1956); La fonte greca(1953); e Oppressione e libertà (1955), una raccolta di saggi sulla filosofia e sul linguaggio in cui manifestava l’orrore per il totalitarismo – quella pervasiva presenza del potere politico in grado di impoverire la spiritualità dell’uomo e di annientarne la personalità – e in cui sosteneva anche la possibilità della libertà individuale nei vari sistemi politico-sociali.