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Paul Auster nasce a Newark, nel New Jersey, il 3 febbraio 1947. Il padre, Samuel, possiede alcuni palazzi ed è decisamente benestante.
Protagonista della letteratura statunitense contemporanea, nonché di quella mondiale, viene ascritto al cosiddetto Postmodernismo assieme ai suoi amici e colleghi connazionali Thomas Pynchon e Don DeLillo.
La sua scrittura, diretta e incisiva, capace di scandagliare le angosce e le nevrosi dell’uomo di oggi e descrivere le solitudini delle vite contemporanee, in un mondo inesplicabile spesso dominato dal caso, inserita nel panorama della letteratura postmoderna, fonde esistenzialismo, letteratura gialla e poliziesca, psicoanalisi, trascendentalismo e post-strutturalismo, in opere come Trilogia di New York (1987), Moon Palace (1989), La musica del caso (1990), Il libro delle illusioni (2002), Follie di Brooklyn (2005).
Auster cresce nei sobborghi di Newark; quando ha tre anni, nasce una sorellina che purtroppo in seguito manifesterà gravi problemi psicologici, al punto che i familiari saranno costretti a farla interdire.
Nel 1959 i suoi genitori acquistano una grande casa prestigiosa, nella quale il giovane Paul trova numerose casse di libri lasciate da uno zio girovago che aveva viaggiato parecchio per l’Europa; si getta a capofitto in quel tesoro, legge entusiasticamente di tutto e comincia ad amare la letteratura: è quello il periodo in cui inizia a scrivere poesie, ed ha solo dodici anni.
Il suo ultimo anno al liceo è anche quello in cui la famiglia si smembra: i genitori di Auster divorziano e Paul e la sorella vanno a vivere con la madre. Non partecipa alla consegna del diploma: “Mentre i miei compagni di classe indossavano il tocco e la toga e ricevevano i loro attestati, io ero già dall’altra parte dell’Atlantico“. Così per due mesi e mezzo vive a Parigi, in Italia, in Spagna ed in Irlanda, in cui si reca solo per “ragioni che c’entravano unicamente con James Joyce“.
Tornato in America in settembre frequenta il college alla Columbia University. Nel 1966 inizia a frequentare la donna che poco più tardi sposerà, la collega Lydia Davis. Suo padre, insegnante di letteratura, presenta Auster allo scrittore francese Ponge.
Nel 1967 si iscrive al Junior Year Abroad Program della Columbia, che prevede il soggiorno per un anno all’estero durante il terzo anno di college; Auster sceglie come meta Parigi. Nel 1968 ritorna alla Columbia: scrive articoli, recensioni di libri, poesie utilizzando spesso degli pseudonimi come ad esempio quello di Paul Quinn.
Dopo essersi laureato nel 1970, lascia gli Stati Uniti e si imbarca come marinaio su una petroliera, la Esso Florence.
Nel 1977 diviene padre di Daniel e si trasferisce con la famiglia in campagna. Purtroppo però i soldi scarseggiano, e Paul, che ha ormai poco tempo per scrivere – si cimenta in diversi lavori, inventando addirittura un gioco di carte denominato “Action baseball”, e presentandolo alla Fiera del Giocattolo di New York (ma ottenendo scarsissimi risultati).
Nel 1978 arriva il divorzio e la morte di suo padre, che lo spingerà a scrivere nel 1982 “L’invenzione della solitudine”
I quattro anni successivi al 1978 sono quelli decisivi: incontra la donna della vita, la collega Siri Hustvedt da cui avrà una figlia, Sophie, ed inizia a pieno titolo la carriera di scrittore, riuscendo finalmente ad avere “…l’occasione di fare il lavoro verso cui intimamente” si è “sempre sentito portato“.
Il meritato successo arriva nel 1987, con la pubblicazione di “Trilogia di New York” e Paul Auster diviene uno dei più apprezzati scrittori contemporanei a livello internazionale, riuscendo ad avere ruoli di primo piano non solo in ambito propriamente letterario, ma anche ad Hollywood, con i film “The Music of Chance”, “Smoke”, “Blue in the Face” e “Lulu On The Bridge”.
È un intellettuale la cui speculazione letteraria è spesso sfociata in impegno civile e politico e che, attraverso i suoi libri, si è spesso interrogato sul futuro del suo Paese. Rientra infatti fra i compilatori degli oltre mille lemmi che costituiscono il pamphlet, Futuro dizionario d’America (The Future Dictionary of America, McSweeney’s 2005) – teso a dare visibilità al malcontento da parte del movimento culturale e letterario statunitense rispetto alla leadership politica USA all’alba del terzo millennio. Nella lista dei partecipanti figurano, fra i molti altri, scrittori come Stephen King, Jonathan Franzen, Rick Moody, Joyce Carol Oates, Jeffrey Eugenides, tutti impegnati in un divertissement letterario che gioca con il futuro (guardando al presente e riflettendo sul passato prossimo). In particolare, nel pamphlet Paul Auster definisce Bush (cespuglio in lingua inglese) – presidente degli Stati Uniti d’America in carica al momento della pubblicazione del libro – come un Arbusto velenoso di una specie estinta.
La sua poliedrica produzione artistica – influenzata tra gli altri autori, da Franz Kafka, Samuel Beckett, Miguel de Cervantes, Kurt Vonnegut, Albert Camus – lo ha portato alla creazione anche di importanti opere cinematografiche. Tra le più famose: Smoke, Blue in the Face e Lulu on the Bridge.
Insieme a Lou Reed e Woody Allen, è oggi uno dei più famosi “cantori” della Grande Mela, creatore di un universo letterario che gira attorno alla ricerca dell’identità, del senso e del significato della propria esistenza, sia essa individuale o collettiva, storica o sociale.