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Oggi: 🔎 Niccolò Paganini đź“š ->Â
Il 27 ottobre 1782 nasce a Genova Niccolò Paganini, compositore e violinista. Virtuoso di fama leggendaria, Paganini è considerato il padre della moderna tecnica violinistica, che arricchì di fondamentali innovazioni. Talento precoce, dopo studi irregolari a Genova e a Parma iniziò dal 1797 una trionfante carriera concertistica prima in Italia e poi, dal 1828, in tutta Europa. Tra le sue composizioni si ricordano i 24 Capricci per violino solo (il suo capolavoro), sei concerti per violino e numerose pagine da camera con chitarra.
Essenzialmente autodidatta, inizia giovanissimo a tenere concerti in tutta Italia. Nel 1828 esordisce a Vienna e fino al 1834 viaggia per tutta Europa, collezionando successi straordinari. Nel 1837, si trasferisce in Francia.
Amante dell’improvvisazione, rimane storico il suo rifiuto di ripetere, per il Re di Sardegna Carlo Felice, un brano in occasione di un concerto a Torino, nel 1818.
Lascia un’opera vastissima: i famosissimi 24 capricci per violino; 12 sonate per violino e chitarra; 15 quartetti per chitarra, violino, viola e violoncello; 3 per archi; 6 concerti e oltre 20 sonate per violino e orchestra.
La leggenda avvolge l’esistenza di Paganini sin dall’infanzia. Figura dannata, maledetta e demoniaca. A 4 anni, per un attacco acuto di morbillo, il piccolo Niccolò viene dato per morto. Avvolto in un panno viene portato al cimitero; ma il lenzuolo si muove, il bambino non è morto e si alza. Morte apparente per i medici del tempo; catalessi da encefalite virale da morbillo, secondo la medicina odierna.
Per tutti Paganini è il figlio del diavolo. L’aspetto poi non aiuta; cammina tutto storto, è claudicante, con una spalla più alta dell’altra, di colorito cadaverico e di una magrezza spaventosa.
Non parliamo poi della vita che il musicista conduce. Trasgressivo, irriverente ed irrispettoso delle regole sociali. Frequenta bettole di terz’ordine, bazzica con prostitute, gioca a carte e spesso perde; finisce anche in galera per rissa e debiti di gioco non pagati. Viene condannato per avere sedotto ed ingravidato una minorenne, che darà alla luce una bambina nata morta. Verrà accusato poi di avere strangolato la sua fidanzata.
Donne, alcool, oppio, gioco d’azzardo: il mantra di ogni rockstar che si rispetti: sesso, droga e r’n’r; in anticipo però di oltre cent’anni. Pare veramente la raffigurazione del demonio: soffre di una malattia rara: la marfan. Una sindrome che colpisce i tessuti connettivi che uniscono le articolazioni. I sintomi sono pallore, eccessiva magrezza e lunghezza inusuale della dita. Proprio come appare il grande violinista. Quando suona poi il suo aspetto diventa ancora più inquietante; inizialmente si atteggia a marionetta, con movimenti legnosi; poi come invasato, accompagna la musica pestando il piede destro a tenere il tempo e dà sfogo a tutto il suo talento.
Nelle Corti di tutta Europa, da Milano a Londra, da Praga a Vienna viene acclamato per il genio che realmente è. E la leggenda cresce a dismisura.
Chi lo ascolta viene ipnotizzato, rapito da una magia che nessuno sa spiegare. Quell’uomo deve avere fatto un patto col Diavolo, dicono i più! Le sue performances sono incredibili; e se poi le critiche sono negative, quadruplica il prezzo del biglietto e la folla si moltiplica. Il suo cachet è astronomico; percepisce 200 lire a concerto, quando altri artisti ne prendono 15. A Londra arriva a guadagnare in poco tempo, a furia di repliche alla Royal Opera House, oltre 6000 sterline, al cambio attuale circa 725.000 euro.
Come una vera star è pienamente consapevole del suo status; è perfetto manager di se stesso; si costruisce un look demoniaco ad hoc, abito tutto nero con pantaloni svolazzanti, che contrasta con il suo incarnato cadaverico. Quando nel 1835 si reca al Lazzaretto di Genova e suona per i malati di colera, questi credono che sia la personificazione della morte venuta a ghermirli.
Gestisce con attenzione le notizie circolanti sul suo conto: lascia trapelare solo quelle che alimentano il suo mito. Si crea in tutta Europa un vero mercato di gadgets. Caricature, biscotti, ritratti, scarpe alla Paganini, scialli alla Paganini, cappelli alla Paganini, pipe alla Paganini etc; proprio come le rockstar di un secolo dopo.
Ma soprattutto è la sua musica e il suo modo unico di strapazzare lo strumento e trarne suoni meravigliosi ed inusuali che ne ingigantiscono la statura. Compone opere belle e toccanti; fra tutte i capricci, che ne mettono in mostra le doti di straordinario performer. Il suo violino sembra piangere, gridare; nessuno l’ha mai fatto prima. Paganini suona così bene e così violentemente da far sanguinare le dita, da rompere le corde del violino.
Bizzarro anche con i suoi musicisti. Consegnava gli spartiti agli orchestrali solo all’ultimo, per poi riprenderseli subito dopo il concerto. Questo perché temeva che potessero essere copiati. Così invece poteva lucrarci solo e soltanto lui. Inoltre, gli orchestrali, avendo potuto dare solo una breve scorsa alle partiture, erano costretti ad una lettura a prima vista e potevano dare un’interpretazione puramente scolastica. Paganini invece all’ascoltatore, per contrasto, pareva ancora più virtuoso.
Girava voce che Paganini provasse poco o niente prima dei concerti. Entrava in teatro attaccava l’incipit, brevemente il finale e poi se ne andava. A chi gli chiedeva conto di tale comportamento rispondeva che si era già esercitato a sufficienza in passato. Come dargli torto!
Famosissimo il detto “Paganini non ripete”. Nasce da un concerto tenuto dal genio al teatro Carignano di Torino nel 1818. Re Carlo Felice fa chiedere al violinista di suonare di nuovo un brano del suo repertorio. Al che Paganini risponde come tutti sappiamo. Ma la vera ragione di ciò non era arroganza o che; semplicemente il concertista basava le sue performance su di una trama di accordi relativamente semplice; il resto era una meravigliosa ed irripetibile improvvisazione. Per quello Paganini non poteva ripetere; ogni concerto, ogni nota era unica.
Paganini è spesso soggetto ad accessi di tosse tanto gravi da impedirgli di tenere concerti. Vengono interpellati oltre venti tra i medici più illustri dell’epoca, ma senza alcun esito positivo. Curato con mercurio, salassi, oppio, latte d’asina che invece di guarirlo gli avvelenano ancor più l’esistenza. Gli verrà diagnosticata una laringite tubercolare che lo minerà fortemente nel fisico, tanto da condurlo all’afonia.
Il figlio Achille fa da interprete, leggendogli le labbra; a volte Paganini è costretto a scrivere dei bigliettini per farsi capire. Nonostante la malattia, prosegue la carriera, ottenendo consensi unanimi e nel 1828 va finalmente a Vienna ove viene nominato dall’imperatore, Federico II, virtuoso di Corte.
Spossato dai tanti viaggi, la sua salute peggiora ancora. Siamo ai titoli di coda. Poco prima che il violinista spiri, viene chiamato un prete per l’estrema unzione. Paganini deve confessare i suoi innumerevoli peccati; ma non riesce più a parlare e scriverli richiede tempo e tempo non ce n’è. Il prete se ne va seccato, credendo che il musicista non voglia confessarsi. Ne racconta l’accaduto al vescovo di Nizza. Nel frattempo nel 1840 Paganini muore. Il vescovo ne impedisce la sepoltura in terra consacrata. Il corpo viene imbalsamato col metodo Gannal e conservato nella cantina della casa ove è morto. Dopo varie peregrinazioni, nel 1845 viene finalmente sepolto nel cimitero della Villetta di Parma.
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