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A causa di una grave malattia, il morbo di Hodgkin, di cui soffre da anni, Don Lorenzo, si spegne, a soli 44 anni. Era il 26 giugno del 1967.
Don Lorenzo Milani nasce a Firenze il 27 maggio 1923 in una colta famiglia borghese. E’ figlio di Albano Milani e di Alice Weiss, quest’ultima di origine israelita.
Nel 1930 da Firenze la famiglia si trasferì a Milano dove don Lorenzo fece gli studi fino alla maturità classica. Nell’estate del 1941 Lorenzo si dedicò alla pittura iscrivendosi dopo qualche mese di studio privato all’Accademia di Brera.
Nell’ottobre del 1942, causa la guerra, la famiglia Milani ritornò a Firenze. Sembra che anche l’interesse per la pittura sacra abbia contribuito a far approfondire a Lorenzo la conoscenza del Vangelo.
Dopo la maturità classica, mentre sta affrescando una cappella sconsacrata, Lorenzo scopre la sua vocazione. Si converte così al cattolicesimo. Nel 1943 entra in seminario, la famiglia non approva la sua scelta religiosa infatti, alla cerimonia della tonsura, l’atto d’ingresso alla vita ecclesiastica, nessuno dei parenti sarà presente il 13 luglio 1947 viene ordinato sacerdote.
Nell’ottobre 1947 a San Donato di Calenzano (FI), divenne cappellano del vecchio proposto don Pugi. A San Donato fondò una scuola popolare serale per i giovani operai e contadini della sua parrocchia. Don Milani decide di partire dalla lettura dei giornali in classe, analizzando i temi dell’attualità e soffermandosi a lungo sui termini difficili.
Alla morte di Don Pugi venne nominato priore di Barbiana, un piccolo paesino sui monti del Mugello: 124 abitanti in tutto, una chiesa, una canonica, un cimitero e una manciata di case sparse sui monti. Un angolo sperduto molto lontano dall’Italia del boom economico.
Per convincere i genitori a mandarvi i propri figli, il parroco utilizza ogni mezzo, persino lo sciopero della fame. Quella di Barbiana è una scuola all’avanguardia; si studiano le lingua straniere: l’inglese, il francese, il tedesco e persino l’arabo. Si organizzano viaggi di studio e lavoro all’estero. Egli spesso tiene lezioni di recitazione per far superare le timidezze dei più introversi e costruisce una piccola piscina per aiutare i montanari ad affrontare la paura dell’acqua.
Il motto della scuola di Don Milani è: I care, ovvero mi riguarda, mi sta a cuore, mi prendo cura.
Nella scuola di Don Milani si studia dodici ore al giorno, 365 giorni all’anno. L’insegnamento religioso non ha nulla di ortodosso; si legge il Vangelo, ma senza mai il tentativo di indottrinare i ragazzi.
Nel 1963 arriva nella scuola una giovane professoressa, Adele Corradi, incuriosita dai metodi del parroco di Barbiana. Don Milani la invita a rimanere ad insegnare nella scuola e la professoressa accetta.
Nel 1967 Don Lorenzo Milani scuote la Chiesa e tutta la società italiana con un altro libro: “Lettera a una professoressa”, scritto insieme ai ragazzi della scuola di Barbiana.
Il libro denuncia l’arretratezza e la disuguaglianza presenti nella scuola italiana che, scoraggiando i più deboli e spingendo avanti i più forti, sembra essere ispirata da un principio classista e non di solidarietà; un atto d’accusa verso l’intero sistema scolastico.
Il libro, però, riceve un’accoglienza fredda. Un’unica eccezione illustre: Pier Paolo Pasolini. Soltanto dopo la morte del priore il libro diventa un caso letterario, diventando uno dei testi sacri del ’68 italiano. “Lettera a una professoressa” diviene così simbolo di cambiamento per una scuola veramente per tutti.