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Tina Anselmi nacque a Castelfranco Veneto il 25 marzo 1927 da Ferruccio, impiegato come aiuto farmacista, e Norma Ongarato, casalinga, che aiutava nella gestione di un’osteria la madre. E’ stata una politica e partigiana italiana. È stata la prima donna ad aver ricoperto la carica di ministro della Repubblica Italiana.
Cresciuta in una famiglia cattolica, anche se il padre era socialista, portando orgogliosamente la tessera del partito firmata da Giacomo Matteotti, fece l’intera trafila nella Gioventù femminile di Azione cattolica. Dopo aver frequentato il ginnasio nella città natale, proseguì gli studi all’Istituto magistrale delle suore del sacro cuore di Bassano del Grappa. In seguito a un rastrellamento tedesco, il 26 settembre 1944 il tenente delle SS Herbert Andofer ordinò di impiccare 31 giovani, che rimasero appesi agli alberi di viale Venezia. Anche le studentesse della scuola furono costrette ad assistere al tetro spettacolo, che al rientro in aula diede origine a un acceso confronto, terminato con la condanna dell’esecuzione da parte del preside. La discussione fu ripresa alla riunione della domenica successiva nell’associazione, anche in questo caso chiusa con il pensiero dell’assistente don Luigi Piovesana: «l’ultima spinta, me la diede l’Assistente di Azione Cattolica. Riprendemmo a discutere dell’eticità delle leggi dello Stato, che allora venivano invocate per giustificare le impiccagioni e le rappresaglie; lui disse che la legge che violasse i diritti della persona non solo non era una legge etica, ma che non poteva giustificare queste rappresaglie e quindi era il massimo di non accettabilità». La ragazza si confidò con Marcella Dallan, fidanzata di Carlo Maroga, che era comandante del battaglione Bruno Lorenzoni della Brigata autonoma Cesare Battisti, comandata da Gino Sartor. Quest’ultimo assecondò la scelta di A. affidandole il compito di staffetta, che la indusse a coprirsi con il nome di «Gabriella». Ai compiti di spola tra le varie brigate della zona, si affiancò la partecipazione ad alcune azioni di sabotaggio ai treni. Nel marzo del 1945 di fatto fu al servizio del colonnello Cesare Sabatino Galli, ai vertici del comando militare unico del Veneto, noto con il nome di battaglia di «Pizzoni».
Fu riconosciuta dall’apposita commissione regionale triveneta come «partigiana combattente» dal 1° settembre 1944 al 5 maggio 1945. Dopo la fine della guerra, Tina Anselmi si iscrisse all’Università Cattolica del sacro cuore, laureandosi in lettere. Nel contempo, cominciò ad impegnarsi a livello sindacale, prima nella Confederazione generale italiana del lavoro unitaria, poi dal 1950 nella Confederazione italiana sindacati lavoratori, operando tra i tessili e quindi tra gli insegnanti elementari. Proprio questa categoria era diventata la professione alla quale si era avviata dopo gli studi. La sua attività si spostò quindi a livello politico, divenendo dal 1958 al 1963 incaricata nazionale delle giovani delle Democrazia cristiana, per poi essere eletta alla Camera, dove rimase ininterrottamente dal 1968 al 1992. In questo lungo periodo si occupò prevalentemente delle questioni inerenti al lavoro e alle pari opportunità. Anche per questi interessi, fu sottosegretario al ministero del Lavoro e della Previdenza sociale dal 1974 al 1976, prima di essere nominata titolare – la prima donna a ricoprire questo ruolo – dello stesso dicastero nel 1976. Nei due successivi governi Andreotti, fu ministro della Sanità dal 1978 al 1979, promuovendo il Servizio sanitario nazionale. Nel 1975 aveva guidato la delegazione italiana alla World Conference on Women promossa dall’Onu a Città del Messico. Nel 1981 fu presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla Loggia massonica P2, che svolse un difficile ma importante lavoro, chiuso nel 1984 con una relazione approvata a grande maggioranza.
Nel 1989 presiedette la Commissione nazionale per le pari opportunità e nel 1997 entrò a far parte della Commissione governativa d’inchiesta sull’operato dei soldati italiani in Somalia, per poi presiedere la Commissione nazionale sulle conseguenze delle leggi razziali per la comunità ebraica italiana, che terminò i lavori nel 2001.
Presidente onoraria dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia, fu colpita da un ictus che ne aggravò le condizioni, morendo a Castelfranco Veneto il 1° novembre 2016.