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Il 23 novembre 1990 muore lo scrittore britannico Roald Dahl all’etĂ di 74 anni.
Roald Dahl nacque il 13 settembre 1916 in Galles, più precisamente a Llandaff. I suoi genitori si erano sposati nel 1891 e per il loro bambino avevano scelto un nome che ricordasse, la Norvegia, la loro terra natale: Roald, come Roald Amundsen, l’esploratore norvegese che condusse la prima spedizione capace di raggiungere il Polo sud.
La sua non si può di certo definire un’infanzia semplice. Un’incidente d’auto, la perdita di sua sorella, poi quella del papà e infine la dura, nascosta e vergognosa realtà degli istituti britannici fatta di punizioni corporali di cui fu vittima e disgustato spettatore. Un capitolo senza alcun dubbio doloroso.
Non appena terminate le scuole superiori Roald scelse di andare via, di lasciarsi alle spalle tutto ciò che lo aveva fatto soffrire, di provare a cambiare vita. Fu assunto dalla compagnia petrolifera Shell e con sua grande gioia fu spedito in Africa. Mentre si trovava lì, scoppiò la Seconda Guerra mondiale. Divenne allora un pilota della RAF, ma durante uno dei suoi voli il suo aereo fu abbattuto. Roald, senza neanche avere il tempo di accorgersene, si ritrovò faccia a terra, ferito, perso da qualche parte e con i resti del suo aereo accanto a lui, in fiamme. Soccorso in tempo, riuscì a salvarsi.
Al termine della guerra fu inviato a Washington dove svolse principalmente compiti di propaganda e “spionaggio”, ruolo che all’epoca veniva spesso riservato a intellettuali e scrittori in virtù delle loro qualità . Qui conobbe la sua prima moglie, Patricia, ed iniziò a cimentarsi seriamente nella scrittura. Con l’attrice Patricia Neal, Roald ebbe 5 figli, ma la piccola Olivia morì a soli 7 anni a causa del morbillo. Lo scrittore prese carta e penna e preparò una lettera indirizzata all’autorità sanitaria pubblica del distretto di Sandwell per smuovere le coscienze dei genitori sulla necessaria prevenzione. La sua lettera fu scoperta e diffusa soltanto nel 2015, proprio quando in California si verificarono numerosi casi di morbillo, letale soprattutto tra i bambini. Nel testo Dahl rese omaggio alla sua piccola Olivia:
“Ricordo che mentre la malattia faceva il suo corso leggevo spesso per lei mentre era a letto […] Ho dedicato due dei miei libri a Olivia, il primo era James e la pesca gigante. All’epoca era ancora viva. Il secondo è il GGG, dedicato alla sua memoria dopo che era morta per il morbillo. Troverete il suo nome all’inizio di questi due libri. So quanto sarebbe felice se potesse sapere che la sua storia ha aiutato a risparmiare un bel po’ di malattie e morte tra gli alti bambini.”
Roald si dedicava alla scrittura circa quattro ore al giorno, dalle 10 alle 12 e poi dalle 16 fino alle 18.
“Due ore di scrittura lasciano uno scrittore completamente scarico perchĂ© in quelle due ore è stato in un luogo diverso, con persone totalmente diverse”, queste le parole dello scrittore.
Si chiudeva nella sua piccola stanza in fondo al giardino, seduto sempre sulla solita logora poltrona appartenuta a sua madre, avvolto in un sacco a pelo, unico conforto durante l’inverno. Sulla scrivania una palla color argento costruita con l’involucro in carta stagnola delle tavolette di cioccolata mangiate durante l’adolescenza, sei matite infilate in un’unica tazza, fogli gialli. A nessuno era permesso entrare.
Le sue opere, che hanno accompagnato la crescita di generazioni di bambine e bambini in molti paesi, contenevano sempre al loro interno alcuni elementi tratti dalla sua personale esperienza di vita. Ad esempio, uno dei personaggi più amati nati dalla sua penna, il GGG (il Grande Gigante Gentile), è ispirato a Dahl stesso, che sfiorava i 2 metri di altezza.
Roald Dahl sembrava conoscere i bambini nella loro dimensione piĂą profonda, quella del disincanto, del non seguire regole. Scriveva per avvicinarli alla lettura, trasportandoli in mondi fantastici, a braccetto con personaggi indimenticabili. Con un linguaggio schietto e uno stile semplice fatto di frasi brevi, riusciva a rendere i piccoli lettori intimamente partecipi dei sentimenti dei protagonisti delle sue pagine, delle loro paure e delle loro preoccupazioni.
Dipingeva il mondo così com’era: tra storture, cattivi, ma anche padri amorevoli, nonne strabilianti e maestre comprensive. Guardava i bambini dritto negli occhi e diceva loro come esattamente stavano le cose: il male c’è, esiste, ma questo non è necessariamente una tragedia perché guardando il mondo con occhi diversi, può trasformarsi in una straordinaria opportunità . In modo pacifico, intelligente e ironico, Roald Dahl era riuscito attraverso le sue storie a prendersi le sue rivincite sulla sua vita.