La ricerca del giorno su #babelezon
Oggi: Antonio Machado
Il 22 febbraio morì e in una tasca del suo cappotto il fratello José trovò un pezzo di carta con l’ultimo verso “Quei giorni azzurri e quel sole dell’infanzia”. La bara, coperta dalla bandiera repubblicana e portata in spalla da sei miliziani, venne tumulata nel cimitero di Collioure. Tre giorni dopo morì anche la madre che venne sepolta accanto al poeta.
Nacque il 26 luglio 1875 a Siviglia (Spagna) Antonio Machado, professore e grande poeta della generazione del ’98. Suo padre, Antonio Machado y Alvarez, era un famoso folklorista. Una delle sue poesie più note inizia con i versi autobiografici:
A coniare per primo l’espressione ‘Generazione del ’98’ è stato Azorin, pseudonimo di uno straordinario intellettuale, filosofo, scrittore, giornalista spagnolo che ha utilizzato quest’espressione in alcuni articoli del 1913 nella rivista ABC, poi raccolti in una sorta di monografia sugli autori della generazione del ’98.
Azorin si riferisce ad un gruppo di personalità diverse tra loro (Buenavente, Pio Baroja, Valle Inclan, Ruben Darìo, Antonio Machado) che riflettono sull’esigenza di un cambiamento, attraverso l’incontro con le letterature straniere e attraverso il ritorno alla tradizione. La generazione del ’98 è caratterizzata dalla protesta, dalla ribellione, dalla curiosità intellettuale per la cultura straniera e dall’attrazione verso autori che hanno promosso la critica sociale come Josè de Larra e per la rivalutazione di autori come Gongora del Siglo de oro. Data la contemporaneità dei due fenomeni e data la centralità de El desaster sia nel modernismo, che nella generazione del ’98, c’è una parte della critica che ha cercato di tenere insieme questi due movimenti sotto l’etichetta di crisi di fine secolo.
Notte d’estate
È una bella notte d’estate
Tengono le alte case
aperti i balconi
del vecchio paese sulla vasta piazza
Nell’ampio rettangolo deserto,
panchine di pietra, evonimi ed acacie
simmetrici disegnano
le nere ombre sulla bianca arena.
Allo zenit la luna, e sulla torre
la sfera dell’orologio illuminata.
Io in questo vecchio paese vo passeggiando
solo come un fantasma.Viandante
Tutto passa e tutto resta,
però il nostro è passare,
passare facendo sentieri,
sentieri sul mare.Mai cercai la gloria,
né di lasciare alla memoria
degli uomini il mio canto,
io amo i mondi delicati,
lievi e gentili,
come bolle di sapone.Mi piace vederle dipingersi
di sole e scarlatto, volare
sotto il cielo azzurro, tremare
improvvisamente e disintegrarsi…
Mai cercai la gloria.Viandante, sono le tue orme
il sentiero e niente più;
viandante, non esiste il sentiero,
il sentiero si fa camminando.Camminando si fa il sentiero
e girando indietro lo sguardo
si vede il sentiero che mai più
si tornerà a calpestare.Viandante non esiste il sentiero,
ma solamente scie nel mare…Un tempo in questo luogo dove
ora i boschi si vestono di spine,
si udì la voce di un poeta gridare
«Viandante non esiste il sentiero,
il sentiero si fa camminando…»Colpo dopo colpo, verso dopo verso…
Poesia
Nuda è la terra, e l’anima
ulula contro il pallido orizzonte
come lupa famelica. Che cerchi,
poeta, nel tramonto?Amaro camminare, perché pesa
il cammino sul cuore. Il vento freddo,e la notte che giunge, e l’amarezza
della distanza… Sul cammino bianco,
alberi che nereggiano stecchiti;sopra i monti lontani sangue ed oro…
Morto è il sole… Che cerchi,
poeta, nel tramonto?