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Il 21 gennaio del 1911 nacque a Milano Camilla Cederna. Giornalista anche scrittrice, ovviamente, e saggista (definizione che le faceva inarcare un sopracciglio), e polemista (andava già meglio). “Donna coraggio” perché nel mondo dell’informazione, allora maschile, apriva al femminile la pista del racconto e della testimonianza civile. Il racconto con soave ironia delle debolezze umane (“Il lato debole”) che faceva imbestialire. La testimonianza inesorabile di tempi feroci che segnarono drammaticamente la vita di una nazione, con tradimenti – vedi prima gli articoli e poi il libro, Giovanni Leone. La carriera di un presidente -, bombe e sangue, così ben descritti nel Pinelli. Una finestra sulla strage, il libro che farà rivedere a Licia Pinelli, una donna tanto diversa da lei che incontra in quella notte maledetta fra il 15 e il 16 dicembre, con la quale stringerà una amicizia duratura.
Dai salotti alla rabbia civile. E quindi la reazione biliosa degli avversari: “la sciura”, “radical chic”, “quasi mandante dell’omicidio di Calabresi” (Vittorio Sgarbi), “viltà di una strega” (Domenico Leccisi), “regina degli esplosivi”, “amante dei bombaroli”.
Comincia a scrivere nel 1939 sul quotidiano milanese «L’Ambrosiano»: Moda nera è il titolo del suo primo articolo che prende in giro lo stile dei fascisti e, per questo, viene minacciata di arresto e di condanna a 11 anni, che non sconterà mai. Sconterà invece due mesi, negli anni della Repubblica di Salò, per un articolo critico verso il fascismo. La moda è il suo motore d’avvio per la professione. Moda e costume, «riflesso di ogni evoluzione sociale, economica, ideologica e culturale del paese», chiariva a chi si sorprendeva che argomenti così leggeri avessero in cauda venenum. Nel cuore del boom che preparava la “Milano da bere” incuriosiva la signorina delle buona borghesia che s’intrufolava dappertutto per raccontare ciò che vedeva e sentiva.
Nel 1945 entra a «L’Europeo», nel 1956 a «L’Espresso» (ma alcune fonti dicono che fece parte del gruppo che fondò la rivista l’anno prima), dove con la rubrica Il lato debole descrive l’involuzione di una società ripiegata su se stessa, con i suoi molti vizi e le sue rare virtù. Scrive libri su Fellini e su Maria Callas, va in giro per il mondo come inviata speciale.
Ma quel venerdì, il 12 dicembre 1969, quando alle 16.37 scoppia la bomba di piazza Fontana, a Milano, Camilla fa la scelta di professione e di vita.
«Il sangue che cola sul marciapiede. I volti angosciati dei feriti. I parenti chiamati a riconoscere le salme. E qualcuno dice che sembra la guerra » scrive su L’Espresso del 21 dicembre 1969.
E ai funerali delle vittime «Cinque ore in Duomo in piedi su un banco per meglio vedere e sentire, un’ora in giro dopo, a casa a scrivere uno degli articoli più difficili della mia lunga carriera e adesso a letto con il sonno che non arriva. Arriva invece una telefonata: “Sei già a letto? Fra cinque minuti davanti al tuo cancello”. “Perché?” “Un uomo si è buttato da una finestra della questura, non farci aspettare, andiamo a dare un’occhiata”. Sono due amici coi quali ho sempre corso in questi giorni, Corrado Stajano e Giampaolo Pansa, hanno la faccia e i modi di questi giorni, gesti frettolosi, rabbia e dolore negli occhi». Andiamo a dare un’occhiata, già il corpo di Giuseppe Pinelli.
E da quel momento in poi Il lato debole diventa la cronaca feroce e lucida di ciò che non va, l’analisi senza esitazioni di responsabilità precise e scomode, che paga pesantemente: abbiamo già detto delle accuse, ma non dei molti processi.
Camilla Cederna morì a Milano Il 5 novembre 1997 all’etĂ di 86 anni.