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Jane Austen morì il 18 luglio 1817, all’età di 42 anni, dopo aver scritto sei romanzi, iniziati intorno ai vent’anni ma pubblicati solo a partire dal 1811. È sepolta all’interno della straordinaria cattedrale di Winchester.
Il 16 dicembre 1775 nacque a Steventon, un villaggio dello Hampshire.
Austen non la lasciò mai l’Inghilterra, nemmeno per un viaggio all’estero, ma ebbe l’opportunità di percorrere e di visitare il suo Paese con una certa estensione, specialmente nell’area meridionale. Lo Hampshire, dove nacque e morì, è una contea della costa meridionale inglese caratterizzata da un entroterra collinoso che scende dolcemente fino al mare e favorita da un clima piuttosto mite rispetto alle abitudini delle isole britanniche. Jane Austen visse in questo paesaggio quieto e dominato dai boschi – e lo amò tantissimo – fino all’anno 1801, quando il padre, George Austen, decise di trasferire la famiglia nella bellissima città termale di Bath. Bath è un luogo fortemente simbolico per la narrativa di Austen poiché vi sono ambientate parti degli ultimi romanzi pubblicati; ma la scrittrice non vi si trovò molto a proprio agio, perché eccessivamente rumorosa, caotica, e abitata da gente particolarmente frivola. Bath era all’epoca una località “alla moda”, che in molti frequentavano semplicemente per ostentazione. Oggi a Bath si trova il Jane Austen Centre, ospitato in una casa di stile georgiano ricca di oggetti e memorabilia che ricordano il periodo di residenza della celebre scrittrice.
A seguito della morte del capofamiglia, Jane, Cassandra e la madre si trasferirono a Southampton, a casa del fratello Frank; nel 1809 decisero però di trasferirsi nel cottage di Chawton che l’altro fratello, Edward, aveva messo loro a disposizione. Il cottage è un luogo importantissimo, come vedremo, per la biografia e per l’opera dell’autrice. Qui Jane Austen spese gli ultimi anni della sua vita; nel maggio del 1817 Cassandra la accompagnò nella vicina Winchester per farla visitare da un medico famoso; ma la sua malattia già avanzata (le ipotesi più accreditate suggeriscono si sia trattato del morbo di Addison) non era più curabile e Jane Austen morì in città.
Il cottage di Chawton, in un ambiente tranquillo e immerso nel verde, con un piccolo ma grazioso giardino, è forse il luogo più importante nella dimensione dell’esistenza austeniana, poiché costituì lo scenario nel quale Jane rimise mano o scrisse interamente le sue opere più celebri.
Un minuscolo tavolo al piano terra, nella drawing room, vicino alla finestra ed esposto ai costanti passaggi dei familiari, degli ospiti e del personale domestico, fu la sede della sua attività letteraria; il tavolo è ancora nella casa, ed è possibile vederlo, insieme ad alcuni abiti e ad altri articoli di arredamento originali, in quello che è diventato il Jane Austen’sHouse Museum, meta di un costante flusso di visitatori. Appena arrivata a Chawton Jane riprese in mano i manoscritti composti quand’era più giovane, dai quali uscirono i primi due romanzi: Ragione e sentimento, pubblicato nel 1811, che le rese il primo – anche se poco sostanzioso – guadagno; e Orgoglio e pregiudizio, che le procurò un discreto successo in vita, ma che oggi è uno dei libri più letti, ammirati, e rielaborati al mondo. Scrisse poi interamente Mansfield Park ed Emma, che, a detta della stessa autrice, avrebbero accolto un po’ meno entusiasmo da parte del pubblico, e lavorò su L’abbazia di Northanger e Persuasione, che furono dati alle stampe solo dopo la sua morte.
Quei sei romanzi non sono le sole opere di Jane Austen. Ella si dedicò anche ad altri lavori e a numerosi racconti brevi e non riuscì a concludere l’opera sulla quale stava lavorando quando morì, Sanditon; ma è per questi sei romanzi canonici che la scrittrice è universalmente nota.
Dell’opera di Austen l’eccelsa Virginia Woolf scrisse:
“Qualunque cosa lei scriva è compiuta e perfetta e calibrata. […] Il genio di Austen è libero e attivo. […] Ma di che cosa è fatto tutto questo? Di un ballo in una città di provincia; di poche coppie che si incontrano e si sfiorano le mani in un salotto; di mangiare e di bere; e, al sommo della catastrofe, di un giovanotto trascurato da una ragazza e trattato gentilmente da un’altra. Non c’è tragedia, non c’è eroismo. Ma, per qualche ragione, la piccola scena ci sta commuovendo in modo del tutto sproporzionato rispetto alla sua apparenza compassata. […] Jane Austen è padrona di emozioni ben più profonde di quanto appaia in superficie: ci guida a immaginare quello che non dice. In lei vi sono tutte le qualità perenni della letteratura.”
(The Common Reader, Hogarth Press, Londra 1925).