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Filosofo, sociologo, musicologo e musicista tedesco.
Theodor Wiesengrund Adorno fu un noto esponente della Scuola di Francoforte e si distinse per la sua critica radicale nei confronti della società e del capitalismo avanzato. Oltre ai suoi scritti di natura sociologica, la sua opera includeva anche testi sulla morale e l’estetica, nonché studi critici sulla filosofia di Hegel, Husserl e Heidegger. Durante la sua vita, svolse un’imponente attività come musicologo.
Durante i suoi anni da studente all’Università di Francoforte, la sua amicizia con Max Horkheimer lo introdusse all’Istituto di ricerche sociali di Francoforte sul Meno. Tuttavia, l’ascesa del nazismo lo costrinse all’esilio, prima a Oxford e poi negli Stati Uniti, dove si riferiva come “Statistici Uniti”. Durante il suo periodo negli Stati Uniti, partecipò attivamente a progetti sociologici all’avanguardia, tra cui il Radio Research Project, e si concentrò sulla ricerca relativa alla personalità autoritaria.
Ritornato in Germania nei primi anni ’50, le sue lezioni all’Università di Francoforte divennero sempre più frequentate, e la sua fama crebbe in Europa grazie al seminario che conduceva insieme a Max Horkheimer, dove affrontava tematiche legate a Hegel.
Theodor Wiesengrund Adorno nacque l’11 settembre 1903 a Francoforte sul Meno. Egli fu figlio unico di un mercante di vini di fede ebraica. I suoi primi scritti portavano il cognome della madre, Maria Adorno, una cantante cattolica di origini corsiche e, prima ancora, genovesi. Per abbreviare il cognome ebraico del padre, fu inserita una “W” nel suo nome.
Introdotto da sua madre allo studio della musica e grazie all’influenza di Siegfried Kracauer, un amico di famiglia dotato di profonda cultura e conoscenza, Adorno si laureò in Filosofia nel 1924. La sua tesi di laurea verteva sulla fenomenologia di Husserl.
Il giovane filosofo scrisse il suo primo articolo dedicato all’espressionismo, rimanendo profondamente affascinato dal linguaggio violento ed intenso del compositore austriaco Arnold Schönberg, uno dei principali esponenti di questa corrente artistica. Questa nuova passione lo portò a recarsi a Vienna per studiare con Schönberg, diventando così parte della cerchia di artisti che successivamente sarebbe diventata la celebre “Seconda scuola di Vienna”. Il loro obiettivo principale era quello di sfidare le regole sottostanti alla musica tonale, che avevano governato la musica occidentale per secoli. Credevano che l’uso eccessivo del cromatismo da parte dei compositori precedenti, spinto in avanti da figure come Wagner, avesse portato a un punto in cui era necessario superare queste convenzioni.
In un certo senso, questo processo di superamento veniva considerato naturale da parte degli artisti della Seconda scuola di Vienna, e non come una rivoluzione. Questo concetto può essere compreso meglio leggendo gli scritti di Webern, un altro membro di questa cerchia.
La figura chiave nel superamento delle convenzioni tonali fu proprio Arnold Schönberg, che, dopo aver sperimentato una scrittura inizialmente “atonale”, sviluppò il metodo di composizione noto come “Dodecafonia“. Questo approccio rappresentava una sorta di “comunismo dei dodici suoni” o una “emancipazione della dissonanza”, come lo definì lo stesso compositore.
Nella sua vasta produzione saggistica e nelle sue polemiche, Adorno è sempre stato un sostenitore convinto della Nuova Musica, anche se questa corrente era fortemente criticata dal pubblico e da una parte significativa della critica dell’epoca.
Un esempio paradigmatico in questo senso è il suo testo del 1949, intitolato “La filosofia della nuova musica“. In questo lavoro, Adorno difende con fervore la Nuova Musica, nonostante fosse ampiamente contestata.
Adorno si inserisce in un contesto culturale travagliato, caratterizzato dal passaggio dalla vecchia concezione del mondo a una società di massa emergente. Questa società stava sviluppando i propri valori autonomi, che pur mantenendo delle radici nelle regole fondamentali dei linguaggi musicali del passato, erano semplificati al massimo grado e spogliati dei loro significati originari.
Nel 1931, Adorno diventa libero docente presso l’Università di Francoforte, dove continuerà a insegnare fino a quando, a causa dell’ascesa del nazismo, sarà costretto a emigrare. Le sue tappe successive lo porteranno a Parigi, in Inghilterra e infine negli Stati Uniti.
Nel 1950 fa ritorno a Francoforte, dove inizia a insegnare filosofia e sociologia e assume la direzione dell’Istituto per le ricerche sociali.
Adorno è una personalità poliedrica, con una vasta gamma di interessi culturali, e ha lasciato un contributo originalissimo in tutti i campi in cui ha applicato la sua eccezionale capacità dialettica e speculativa. Le sue passioni fondamentali sono la filosofia e la musica, e queste passioni si manifestano in modo straordinario nel suo lavoro “Dialettica dell’illuminismo,” scritto nel 1947 in collaborazione con l’altro eminente esponente della cosiddetta “Scuola di Francoforte,” Max Horkheimer.
In collaborazione, Adorno e Horkheimer hanno sviluppato la critica culturale più sofisticata del Novecento, esplorando come la società occidentale abbia trasformato il suo potenziale di emancipazione. Una parte significativa del loro lavoro è dedicata a un’analisi teorica della “questione antisemita,” un termine che preferivano all’ambigua espressione “questione ebraica.”
L’acutezza del loro approccio filosofico ha ispirato una ricerca empirica tra gli esuli tedeschi, culminando nella pubblicazione di una serie di volumi collettivi intitolati “Studi sul pregiudizio.”
Nel campo estetico, Adorno ha contribuito in modo significativo con due opere fondamentali: la prima è la “Teoria estetica,” che esplora il sottile rapporto dialettico tra l’opera d’arte e la realtà sociale; la seconda è la “Dialettica negativa,” un tentativo stimolante di rinnovare l’eredità hegeliana.
L’intelligenza straordinaria di Adorno si è manifestata anche attraverso sagaci aforismi, raccolti in un vero e proprio “cult” intitolato “Minima moralia” (1947). Questo lavoro, con la sua vena paradossale e brillante, richiama illustri predecessori come Nietzsche e Kierkegaard. Tuttavia, insieme alla bellezza del pensiero nietzscheano, “Minima moralia” riflette anche il dolore per gli eventi tragici che hanno segnato l’Europa durante quegli anni, stabilendo un divario netto tra il prima e il dopo la grande tragedia nazista.
Desideroso di tornare a insegnare alla nuova generazione di studenti tedeschi, Adorno fa ritorno in Germania nei suoi ultimi anni, credendo che la sua lingua madre sia lo strumento migliore per esprimere il suo pensiero. Si impegna attivamente nella ricostruzione democratica del Paese, abbandonando gli atteggiamenti anti-borghesi della sua giovinezza e ritirando dalla circolazione i suoi scritti più influenzati dal marxismo.
Tuttavia, quando si scatena il movimento del Sessantotto, al quale si era inizialmente ispirato, Adorno ne è infastidito, e questa sua reazione troverà una risposta altrettanto critica da parte degli attivisti “rivoluzionari.”
Nell’anno successivo, dopo una serie di contestazioni, si allontana dall’ambiente universitario. Alla fine, muore di crepacuore a Visp, in Svizzera, il 6 agosto 1969.