“Per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”
Una vita apparentemente semplice: i suoi genitori, Domenico Montale e Giuseppina Ricci, erano esponenti della media borghesia e lo diedero alla luce come ultimo di cinque figli. Il padre si occupava di prodotti chimici in qualità di socio di una ditta, la G.G. Montale & C., che tra le altre cose riforniva l’azienda in cui lavorava Italo Svevo.
A causa di alcuni problemi di salute i genitori di Eugenio Montale spingono il giovane verso gli studi tecnici: Montale si diploma in ragioneria, pur continuando a coltivare la passione per la letteratura frequentando biblioteche e seguendo le lezioni private effettuate dalla sorella Marianna, iscritta a Lettere e Filosofia.
Potremmo, quindi, dire che quella di Montale è una figura costruita da autodidatta, la passione per gli studi classici lo portò a confrontarsi con sentimenti privati e con una ricerca costante nella sua quotidianità, un mondo che caratterizzò con decisione la sua formazione iniziale e il suo immaginario agli esordi.
Accompagnato dai grandi classici italiani (autori quali Dante, Petrarca, Boccaccio e D’Annunzio) e dalla letteratura straniera, si soffermò a lungo sui luoghi della sua giovinezza. Un esempio fra tanti traspare dall’importanza data ai luoghi dove trascorreva le vacanze con la famiglia. Si tratta della Riviera ligure di Levante, ossia Monterosso al Mare e le Cinque Terre.
Le donne della sua famiglia e la natura incontaminata saranno protagoniste indiscusse di quegli anni. È in questo periodo che Montale getta le radici nel mondo della letteratura, che lo porterà a essere ricordato come uno degli autori più influenti del Novecento.
Eugenio Montale nella sua vita incontra presto l’esperienza militare: nel 1917 viene dichiarato idoneo al servizio militare. Questo lo porta a essere arruolato nel 23° fanteria a Novara e a frequentare il corso allievi ufficiali a Parma; è lui stesso a chiedere di essere inviato sul fronte di guerra.
Combatte così per circa un anno con i “Leoni di Liguria”, concludendo la sua esperienza con l’entrata a Rovereto nel 1918 e ottenendo il congedo nel 1920 con il grado di tenente.
In questi anni conosce a Monterosso Anna degli Uberti, la donna che diviene la protagonista di un insieme di poesie conosciute come “ciclo di Arletta”, mentre qualche anno dopo, nel 1924, incontra la peruviana Paola “Edda” Nicoli, presente in Ossi di seppia (prima raccolta, pubblicata nel 1925) e Le occasioni (1939).
L’avvento del fascismo porta Montale a distaccarsi definitivamente dall’esperienza militare. Dal fascismo lo scrittore prende subito le distanze, sottoscrivendo nel 1925 il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Per Montale la sua scelta è frutto di una presa di posizione culturale più che politica. Si tratta di un rifiuto della civiltà e della società, così come si presentava in quel periodo, un sentimento che porta il poeta a vivere quegli anni in una sorta di reclusione.
Le cose non cambieranno nemmeno con l’avvento della democrazia, in quanto Montale continua a non sentirsi rappresentato da quelli che sono i partiti di massa del tempo, la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano.
Negli anni successivi Eugenio Montale si divide tra Firenze e Milano: a Firenze è redattore presso l’editore Bemporad; il capoluogo toscano è una città fondamentale per la sua attività di scrittore, in quanto era stata la culla della poesia italiana moderna. Nel 1929 è chiamato a dirigere il Gabinetto scientifico letterario G.P. Vieusseux, ma 10 anni dopo, per lo stesso motivo per il quale era stato scelto, ossia non essere iscritto al Partito Fascista, venne sospeso dall’incarico.
Non solo: per ben 18 mesi Montale non ricevette lo stipendio, un modo per incoraggiarlo a iscriversi al Partito Nazionale Fascista.
In quegli stessi anni nascono collaborazioni con numerose riviste letterarie che hanno vita medio-breve: collabora alla rivista Solaria e frequenta i ritrovi letterari del caffè Le Giubbe Rosse, dove ha l’occasione di conoscere Carlo Emilio Gadda, Tommaso Landolfi e Elio Vittorini.
La vita a Firenze però è caratterizzata da una forte incertezza economica e, dopo aver conosciuto nel 1933 l’italianista americana Irma Brandeis, una donna con la quale vive una storia d’amore che dura cinque anni e che menziona più volte nelle sue opere con il nome di Clizia, decide di trasferirsi a Milano, nel 1948.
“C’è anche una poesia scritta per essere urlata in una piazza davanti a una folla entusiasta. Ciò avviene soprattutto nei paesi dove vigono regimi autoritari. “
Dall’eccezionale discorso di Montale al Premio Nobel
Il trasferimento nella cittadina del nord è l’occasione per la pubblicazione di due opere: Le occasioni, da una parte, e le prime liriche de La bufera e altro (1956), che usciranno nel 1956. Politicamente, invece, Montale prova a iscriversi al Partito d’Azione, ma ne esce in pochissimo tempo.
A Milano, in ogni caso, trascorrerà gli ultimi anni della sua vita: diventa redattore del Corriere della Sera e critico musicale per il Corriere d’informazione. Scrive reportage culturali per diversi Paesi, si occupa inoltre di letteratura anglo-americana per la terza pagina.
Nel 1956, pubblica anche la raccolta di prose Farfalla di Dinard e qualche anno dopo, il 23 luglio 1962, sposa Drusilla Tanzi, sua convivente dal 1939. Un anno dopo, però, Drusilla morirà a seguito di condizioni di salute precarie, dopo un incidente in cui subì la frattura del femore.
Tra le ultime pubblicazioni in versi troviamo:
Nel corso della vita, Montale ricevette numerosi riconoscimenti, tra i quali ricordiamo:
Eugenio Montale morì a Milano il 12 settembre 1981, le sue condizioni di salute si erano aggravate in seguito a una vasculopatia cerebrale. Fu sepolto nel cimitero accanto alla chiesa di San Felice a Ema (Firenze) accanto alla moglie Drusilla.