“Troy” è un film colossal del 2004 diretto da Wolfgang Petersen, basato sull’interpretazione dell’Iliade di Omero.
Nel corso della guerra tra troiani e greci Paride, fratello del principe Ettore, rapisce Elena, moglie di Menelao con la quale ha una relazione segreta. Una volta tornati in patria il re Priamo sceglie di accogliere la donna, per paura che scacciandola Paride la segue e muoia.
Sul fronte greco, invece, Menelao chiede l’intervento del fratello maggiore Agamennone, il quale accetta, non prima di aver chiesto aiuto al potente Achille, che per quanto disprezzi il comandante dà il suo assenso per compiacere la madre Teti, che gli predice gloria eterna.
La battaglia è dunque decisa: i greci riusciranno a conquistare la città, per quanto a caro prezzo (la morte del cugino di Achille, Patroclo, la cui figura viene attenuata rispetto all’Iliade, dove i due hanno una relazione omosessuale), mentre i troiani soccomberanno dopo aver dovuto assistere alla terribile morte del valoroso difensore Ettore.
È interessante notare come le figure genitoriali siano molto importanti per lo sviluppo degli eventi del film, che si ispira ai vecchi peplum aggiornandone il linguaggio: sono infatti le decisioni e le parole di Priamo e Teti a delineare la sorte dei loro film, come se l’influenza degli dei fosse stata sostituita dai legami di sangue.
Brad Pitt: Achille
Eric Bana: Ettore
Orlando Bloom: Paride
Diane Kruger: Elena
Brian Cox: Agamennone
Sean Bean: Ulisse
Peter O’Toole: Priamo
Rose Byrne: Briseide
Brendan Gleeson: Menelao
Saffron Burrows: Andromaca
Garrett Hedlund: Patroclo
John Shrapnel: Nestore
Vincent Regan: Eudoro
Tyler Mane: Aiace Telamonio
James Cosmo: Glauco
Owain Yeoman: Lisandro
Julian Glover: Triopa
Frankie Fitzgerald: Enea
Mark Lewis Jones: Tettone
Julie Christie: Teti
Ken Bones: Ippaso
Siri Svegler: Polidora
Nathan Jones: Boagrius
Dall’ira di Achille ai funerali di Ettore: in cinquantun giorni si snoda la vicenda raccontata nell’”Iliade”, il primo e il più famoso poema epico dell’umanità. L’”Iliade” è la celebrazione, proiettata in un passato di smisurata e perduta grandezza, di eroi, battaglie, imprese valorose. Ma è anche il poema dell’eterna problematicità e contraddittorietà dell’uomo, il poema in cui gli stessi eroi che compiono gesta che saranno cantate nei secoli sanno di essere destinati a una sorte dolorosa cui non possono sfuggire, in cui gloria e morte sono uniti in un nodo inestricabile. E dopo aver raccontato il traviamento dell’ira e della passione, l’”Iliade” si chiude con la dolorosa consapevolezza della fragilità umana.