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Pubblicado da Collezionista di News in 11 Settembre 2023
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    (di Francesca Pierleoni) “È sempre in atto una guerra contro le donne. Il patriarcato si mantiene al potere trattando le donne da cittadini di seconda classe. Qualcosa che succede da migliaia di anni, tuttavia oggi combattiamo, e possiamo accelerare il cambiamento, perché siamo più informate, più istruite e connesse. Non dobbiamo dimenticare però che tutto quello che conquistiamo possiamo perderlo altrettanto velocemente, basta guardare all’Afghanistan, dove con il ritorno dei talebani i diritti acquisiti dalle donne in 20 anni sono andati subito persi. Dobbiamo sempre vigilare. Stiamo progredendo ma è un processo lento”. Lo dice all’ANSA una delle più importanti scrittrici contemporanee, la cilena Isabel Allende, che offre nuovi ritratti di donne e bambine forti nel suo nuovo romanzo, Il vento conosce il mio nome (Feltrinelli), in uscita il 12 settembre.
        L’autrice che con i suoi libri, tradotti in oltre 40 Paesi, ha venduto nel mondo più di 74 milioni di copie, intreccia nel romanzo le vite e i destini di due bambini che in epoche diverse sono costretti ad affrontare la violenza, il razzismo, lo sradicamento, la solitudine, per poi trovare (anche insieme) un nuovo inizio. Conosciamo così Samuel, bimbo ebreo di 6 anni, che nella Vienna nel 1938 viene inviato dalla madre, per salvarlo dai nazisti, in Gran Bretagna, tramite il Kindertransport, l’iniziativa di accoglimento portata avanti dal Regno Unito tra il 1938 e il 1940 di oltre 10mila minori non accompagnati dalla Germania e dai territori occupati. Poi incontriamo nell’Arizona del 2019 Anita Díaz, sette anni, arrivata negli Usa dal El Salvador, separata dalla madre alla frontiera e finita in una delle gabbie dei centri di detenzione. “Era inevitabile fare questo parallelo. Volevo scrivere della separazione dei figli dai genitori nelle famiglie di migranti che arrivano ai confini degli Stati Uniti e non è la prima volta che accade – sottolinea -. Tornando indietro nella storia si possono fare paralleli con i figli degli schiavi che venivano portati via o quelli degli indigeni. Ma ho pensato che la connessione con l’Europa fosse più comprensibile e dimostrasse come questi fatti possano accadere ovunque”.
        La separazione delle famiglie di migranti al confine è stata una bandiera di Trump, non ha paura che possa essere rieletto? “Certo che lo temo – spiega la scrittrice, classe 1942, che vive in California dalla fine degli anni 90 -. Ho paura che torni furioso e con molta voglia di vendicarsi. Penso che la democrazia e le istituzioni in questo Paese siano forti, ma lo pensavo anche del Cile prima che 50 anni ci fosse un colpo di Stato. La democrazia è come la salute, la diamo per scontata quando l’abbiamo e la vorremmo quando la perdiamo”. Il libro racconta però anche chi non si volta dall’altra parte: “Tutti sappiamo delle tragedie, abbiamo visto i bambini in gabbia nei centri di detenzione, ma non sentiamo quasi mai parlare di chi sta prestando aiuto ai migranti. Ci sono 40mila avvocati che rappresentano i bambini migranti nelle corti. E per il 90% chi si impegna per aiutarli, tra avvocati, psicologhe, maestre lavoratrici sociali, sono donne, perché è un lavoro che non porta gloria, serve fatica e compassione”.
        Un impegno che la scrittrice porta avanti anche con la sua fondazione, la Isabel Allende Foundation (creata nel 1996 in memoria della figlia Paula, scomparsa prematuramente nel 1992), che aiuta e sostiene bambine e donne nel mondo garantendone i diritti, l’indipendenza economica e la libertà dalla violenza: “Se possiamo aiutare, rendere più forte o salvare una persona alla volta, avremo fatto il nostro lavoro”. Il libro esce in Italia proprio un giorno dopo il 50/o anniversario del golpe in Cile che è ancora oggi “un Paese molto diviso e polarizzato, si sente una forte rabbia nell’aria, anche perché le stesse forze che hanno portato al golpe 50 anni fa sono ancora là” spiega la scrittrice, nipote di Salvador Allende (era il cugino del padre, ndr). Comunque il nuovo presidente del Paese, Gabriel Boric, leader della sinistra progressista, “mi piace molto. Vorrei riuscisse a fare un lavoro migliore. È molto giovane ed ha contro un’opposizione molto dura”.
       

    — Fonte: RSS di ANSA
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