– ROMA, 08 GIU – È stato il primo, ma anche l’unico calciatore ebreo romano ad avere giocato in serie A, in una delle squadre della capitale, la Lazio, con cui conquistò la Coppa Italia nel 1958. Giovanni Di Veroli è stato uno sportivo, calciatore in un paese in cui il calcio ha da sempre raccontato le aspirazioni degli italiani, ed ebreo del ghetto romano, scampato per miracolo al rastrellamento del 16 ottobre del ’43.
La sua storia è raccontata nel libro “Una stella in campo.
Giovanni Di Veroli, dalla persecuzione al calcio di serie A”, scritto da Paolo Poponessi e Roberto Di Veroli e presentato al Collegio Romano dal ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano con la presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello e la presidente della Fondazione SS Lazio 1900, Gabriella Bascelli. Giovanni Di Veroli è un bambino ebreo nato a Roma, al Ghetto, vicino il Portico D’Ottavia, nel 1932 e la sua storia, come quelle della sua comunità, è specchio delle vicende di quegli anni: le leggi razziali, che fanno perdere il lavoro a suo padre, i trasferimenti, la nuova casa a Milano distrutta da un bombardamento, nuovi trasferimenti, nuovi bombardamenti, il rastrellamento del 16 ottobre da cui i Di Veroli scampano per miracolo, i ritorno al ghetto ormai depredato dai tedeschi, le difficoltà economiche, la sopravvivenza fatta di espedienti.
Poi, alla fine della guerra i Di Veroli tornano a Milano su un camion della Brigata Ebraica. Il papà riprende a lavorare e Giovanni torna a giocare a calcio, fa un provino con l’Ambrosiana che va bene, ma il padre vuole di nuovo tornare a Roma. È il 1949. Giovanni inizia a giocare con una formazione ebraica romana, la Stella Azzurra, ma quando la Lazio apre la leva calcio partecipa. È poco più che un ragazzino, ma sta bene in campo e la Lazio lo prende. Inizia così la sua carriera partendo dalle minori poi fa il suo esordio nella massima serie nel 1952-53. L’avventura con la Lazio finisce nel 1958, in tempo però essere ancora nella rosa della squadra che vince la Coppa Italia. .