(di Nina Fabrizio) ANTONIO PREZIOSI, “LINEA SEGRETA. I RETROSCENA TRA STATO E VATICANO” (SAN PAOLO, PP. 320, 20,00 EURO) Sono due vicende parallele quella italiana e quella vaticana che però, a differenza delle rette che non si incontrano mai, si intrecciano e si sovrappongono spesso, definendo snodi e passaggi estremamente significativi se non drammatici, di quella che, a ben guardare, pur con i rispettivi e reciproci limiti di sovranità, è soprattutto una storia comune. Ed è proprio ripercorrendo questi snodi e questi intrecci, illuminando particolari, dettagli, gesti, genuflessioni e accennati inchini, persino silenzi in punto di morte, che Antonio Preziosi, giornalista direttore del Tg2, in “Linea Segreta. I Retroscena tra Stato e Vaticano” (edito da San Paolo), offre una chiave di lettura non trascurabile della storia del nostro Paese.
Ricucita la ferita della Questione romana con la stipula dei Patti Lateranensi, Preziosi riprende a narrare la storia dei fili che continuamente si annodano e si snodano tra le due sponde del Tevere nell’Italia ormai saldamente repubblicana.
Fili che non di rado legano in rapporti personali i vari presidenti della Repubblica che si sono succeduti e i Papi ma anche questi ultimi e i presidenti del Consiglio. Se ne evince uno sforzo ininterrotto di sviluppare concordia, collaborazione, stima reciproca ma anche tentativi di influenzare le sorti politiche, almeno finché la classe politica non si emancipa sempre di più da una Chiesa che, inizialmente, vantava persino il potere di scomunica.
Si stagliano così le figure di Pio XII e di Gronchi, con quest’ultimo ricevuto a Castel Gandolfo riservatamente da un Pacelli preoccupato e contrario a un eventuale ingresso dei socialisti al governo. Siamo nel 1955. Amintore Fanfani, figura di primo piano della Dc, è protagonista di veri e propri “duelli” con l’ “Osservatore Romano” ai cui tentativi di intervenire in favore o contro le formule di governo lo statista democristiano oppone la sua volontà di non confondere o identificare la propria azione con quella della Chiesa. Le tensioni tra le due sponde del Tevere culminano persino in editoriali come quello del cardinal Alfredo Ottaviani che sull’organo di stampa dell’Azione Cattolica, ai politici democristiani lanciò quasi un’anatema: “Servire la Chiesa e non servirsene”.
Nel volgere degli eventi, arriva poi l’imprevista elezione al soglio pontificio di Giovanni XXIII, il ‘Papa buono’ ed è sempre con Fanfani che si svolge un incontro particolarmente caloroso foriero di una nuova stagione. Giovanni XXIII è anche il primo Papa a rimettere piede nel Lazio, in Italia, dopo Porta Pia. C’è quindi la novità del Concilio Vaticano II e l’avvio quasi parallelo anche in Italia di una stagione riformista, pur se nuove nubi popolano l’orizzonte. Arrivano gli anni di Piombo e il drammatico rapimento di Aldo Moro, con i tentativi in extremis di Papa Paolo VI, amico peraltro intimo del leader Dc, di scongiurare l’esecuzione dello statista. “Paolo VI – scrive Preziosi – prende l’iniziativa di cercare una soluzione negoziale risolutiva attraverso il pagamento di un riscatto.
Non appare un mistero, infatti, che sempre in quei giorni si svolgessero riunioni riservatissime a Castel Gandolfo, residenza estiva del papa, che gode del privilegio della extraterritorialità. Proprio a Castel Gandolfo si sarebbero accumulate le banconote, pari a dieci miliardi di lire, che sarebbero dovute servire per pagare il riscatto per la liberazione. Un ruolo attivo nella vicenda potrebbe averlo avuto don Antonello Mennini, viceparroco di Santa Lucia in Prati, a Roma, che avrebbe svolto il ruolo di messaggero tra la Santa Sede e le Brigate Rosse.
Fu lui probabilmente il sacerdote che venne introdotto nel “covo segreto”. Moro non si salverà e altre sfide animeranno il rapporto tra Stato e Chiesa come l’ora di religione, l’aborto e il divorzio ma anche la percezione del costume e del senso del pudore con le accuse a Dario Fo di blasfemia per il suo “Mistero Buffo”, quando cambiano ormai anche i protagonisti e un’amicizia inedita si stringe all’ombra dei due Colli, tra il partigiano ateo e socialista, Sandro Pertini, e l’outsider del Conclave del 1978, il polacco quasi mistico, Karol Wojtyla, che andranno anche in montagna insieme sulle nevi dell’Adamello.
Ci sarà poi quella tra Giorgio Napolitano e Benedetto XVI e quella tra Sergio Mattarella e papa Francesco. Fino a uno scenario del tutto nuovo, non solo per la politica italiana, ma anche per i rapporti con l’Oltretevere: il Papa e il suo entourage si confrontano ora con una presidente del Consiglio donna. E Francesco incassa un ruolo da ospite speciale al G7 di Borgo Egnazia.