MICHELE CACCAMO, CATOJU. EVANGELIO SULLE DONNE OFFESE (Elliot, pp.128, 12 euro) Il corpo violato di una donna e l’orrore dell’abuso, ma anche la responsabilità di una comunità che vede ma tace e delle istituzioni che faticano a trovare un linguaggio in grado di riconoscere e accogliere il dolore di chi è vittima. È una riflessione letteraria, sociale e politica sul modo in cui il corpo delle donne viene narrato, ridotto e giudicato il libro di Michele Caccamo dal titolo “Catoju. Evangelio sulle donne offese”, in uscita con Elliot dal 10 luglio.
Scritto in prima persona, fondendo realismo e tensione lirica, il testo è il monologo di una ragazza che racconta, con voce intima e rigorosa, la violenza sessuale subita in un piccolo paese del Sud. Il “catoju” del titolo rimanda al termine con cui si indica il seminterrato rurale dove si conservano gli alimenti che diventa il simbolo della clandestinità del trauma: uno spazio reale e metaforico in cui si compie la violenza e da cui la voce narrante riemerge, senza redenzione, ma con una lingua nuova.
Ma il libro va oltre il racconto dell’abuso, allargando la riflessione al silenzio sociale e alla cancellazione istituzionale, con le vittime spesso lasciate sole nel disperato tentativo di essere credute, alle prese con prove e referti.