
CARLO VECCE, CODICE SIBILLA. IL SEGRETO DI GUTENBERG (GIUNTI, PP. 396, EURO 20). Carlo Vecce torna al romanzo storico, dopo il grande successo de ‘Il sorriso di Caterina’. Nel suo secondo romanzo, in libreria il 29 ottobre per Giunti , ‘Codice Sibilla. Il segreto di Gutenberg’, fondato su una bibliografia enorme e studi profondi di carte e documenti, si misura con l’uomo considerato l’inventore della stampa a carattere mobili e racconta l’avvento del mondo moderno e della civiltà che ha fatto del libro la sua pietra miliare.
L’ispirazione di questa storia arriva da lontano, come racconta Vecce che è professore di Letteratura italiana all’Orientale di Napoli e uno dei maggiori studiosi mondiali della vita e delle opere di Leonardo da Vinci. “É nata quasi da sola, molti anni fa. Io, allora studente universitario appassionato di libri e biblioteche antiche, ne facevo già parte senza saperlo. È la storia di un grande amore: l’amore per il libro, questo oggetto così fragile ha ancora la capacità, e la magia, di comunicarci le parole e le emozioni di altri esseri umani” dice l’autore.
‘Codice Sibilla’ ci porta nel cuore di “quello straordinario e contraddittorio momento di passaggio che chiamiamo Rinascimento, lì dove nel bene e nel male, nella luce e nell’ombra, sono le origini della modernità” sottolinea.
Siamo nella Germania del 1438. Il romanzo segue le vicende di due gemelli orfani, di un cacciatore di manoscritti antichi e di un feroce frate inquisitore. Le loro storie si intrecciano a quelle di un nobile decaduto, un certo Johann Gensefleisch zur Laden, che tutti chiamano Gutenberg, che fantastica di cambiare il mondo con la sua “scrittura artificiale”: una macchina per moltiplicare i libri, le parole, i pensieri, le storie dell’umanità. Un miracolo, un dono di Dio, forse. Ma anche l’inizio della battaglia contro chi vede nell’invenzione nient’altro che l’opera perversa del demonio.
Come già con Il sorriso di Caterina, dove ha rivelato la vera origine della madre di Leonardo da Vinci, il professor Vecce ancora una volta sceglie la forma del romanzo per sondare verità poco note, che si distaccano dal canone comunemente tramandato.
“L’invenzione della stampa è uno dei grandi miti della cosiddetta civiltà occidentale. Ma chi l’ha inventata veramente? Non Gutenberg in Europa intorno al 1450, ma un oscuro monaco buddista in Corea nel XIV secolo. E qual è stato il primo libro stampato da Gutenberg? Non la monumentale Bibbia ma un libretto di pochi fogli, enigmatico e anche un po’ eretico, il Libro della Sibilla, una misteriosa profezia sulla fine del mondo” racconta.
“Poche altre innovazioni hanno cambiato il corso dell’umanità come la stampa a caratteri mobili. Chi la vide per la prima volta, la chiamò ‘scrittura artificiale’. E ne ebbe paura, perché capì subito che era una porta aperta su un mondo nuovo e assolutamente ignoto. Come noi, oggi, di fronte all’intelligenza artificiale. Con l’avvento dell’era digitale e dell’intelligenza artificiale, la Galassia Gutenberg è finita. Il lungo periodo del Rinascimento è finito. Quale nuova galassia ci attende? E avrà ancora bisogno di noi umani?” sottolinea Vecce.