Da Giulio Cesare, “condottiero, politico, e – perché no – anche cronista”, alla testimonianza che l’Impero romano ha lasciato al mondo, con la inconfondibile impronta di una potenza a quel tempo globale e che tutti i potenti di ieri e di oggi tentano di imitare: è lo scenario che Aldo Cazzullo ha raccontato al pubblico dell’Istituto Italiano di Cultura a Londra.
In conversazione con il direttore dell’Istituto di Belgrave Square, Francesco Bongarrà, il vicedirettore del Corriere della Sera ha presentato la traduzione inglese (dal titolo ‘The Never Ending Empire’) del suo libro ‘Quando eravamo i padroni del mondo. Roma: l’impero infinito’ (Harper Collins). Un incontro intenso, che ha registrato una significativa presenza di pubblico – in sala c’era anche Stanley Johnson, ex eurodeputato e padre dell’ex premier Boris – e nel quale Cazzullo ha sottolineato che “in fondo l’Impero romano non è mai caduto”.
“Tutti gli imperi della storia si sono presentati come eredi degli antichi romani: l’Impero romano d’Oriente, il Sacro Romano Impero di Carlo Magno; Mosca, la terza Roma. E poi l’Impero napoleonico e quello britannico, i regimi fascista e nazista, l’impero americano e quello virtuale di Mark Zuckerberg, grande ammiratore di Augusto: il primo uomo a guidare una comunità multietnica di persone che non si conoscevano tra loro ma condividevano lingua, immagini, divinità, cultura”, ha spiegato il giornalista. Insomma, ha sostenuto Cazzullo con una serie di storie ed esempi, “Roma vive”, ricostruendo con curiosità e rigore il mito dell’Impero, partendo dai personaggi e dalle storie e arrivando alle idee e ai segni. A cominciare da quello che è stato il simbolo di tutti gli imperi del mondo, da Roma all’America: l’aquila.