Verso la fine del 1938 la Cancelleria di Hitler ricevette una lettera da una famiglia di un bambino di nome Knauer, affetto da gravi malformazioni fisiche e ritenuto un “idiota”, che chiedeva di dare un'”uccisione pietosa” al ragazzo. Hitler inviò il suo medico personale Karl Brandt presso la clinica dell’Università di Lipsia a verificare se il bambino fosse un caso disperato e, in tal caso, autorizzarne l’uccisione, che alla fine avvenne.
La volontà che si era presentata nel caso Knauer, però, scomparve rapidamente: entro l’agosto 1939 il Ministero dell’Interno ordinò che i medici e le ostetriche che lavoravano negli ospedali tedeschi riferissero tutti i casi di bambini nati con gravi malformazioni, in modo da formare un “archivio scientifico”, ma con il chiaro intento di operare le necessarie “uccisioni pietose”.
Dovevano essere segnalati tutti i bambini di età inferiore ai tre anni che presentavano segni di idiozia, sindrome di Down (specialmente se associata a cecità o sordità), macrocefalia, idrocefalia, malformazioni di ogni genere specialmente agli arti, alla testa e alla colonna vertebrale, e le paralisi, incluse le condizioni spastiche. Le condizioni delle persone segnalate venivano giudicate da una speciale commissione composta da tre persone, le quali dovevano raggiungere il consenso unanime prima di passare all’uccisione.
Molti genitori, specialmente appartenenti all’area cattolica, erano contrari al programma. I genitori venivano informati che i loro figli sarebbero stati portati in “sezioni speciali” di centri pediatrici per ricevere cure migliori. Ma, in realtà, questi bambini venivano tenuti sotto osservazione per alcune settimane e venivano uccisi con iniezioni letali. Venivano nascoste le vere cause di morte alle famiglie e nei certificati di morte veniva usata come causa del decesso la polmonite.
Dopo l’inizio della guerra nel settembre 1939, il programma perse la sua “scientificità” iniziale e i controlli della commissione divennero più blandi; al contempo venne esteso ai bambini di più di tre anni e agli adolescenti. Nelle parole di Robert Jay Lifton, autore de I medici nazisti e accreditato studioso del programma Aktion T4, il programma venne esteso fino a ricoprire “vari casi borderline o deficit limitati, fino all’uccisione di ragazzi designati come delinquenti giovanili. I bambini ebrei poterono essere inclusi primariamente per il fatto di essere ebrei; e in un istituto fu costituito un dipartimento speciale per “minorenni di sangue misto (Mischlinge) ebraico-ariano””.
Venne anche aumentata la pressione sui genitori: molti di loro sospettarono cosa stesse succedendo realmente, soprattutto dopo la chiusura dei centri per disabili e si rifiutavano di consegnare i loro figli alle autorità; quest’ultime minacciavano di togliere la custodia dei figli (anche quelli non disabili) nel caso i genitori si fossero opposti. Se la famiglia continuava a persistere, i genitori venivano richiamati per uno “speciale incarico di lavoro”.
Quando l’intero Programma T4 fu sospeso nel 1941 a seguito delle numerose proteste, erano stati uccisi un totale di circa 5.000 bambini. La sospensione ufficiale non era reale, e subentrò un’altra fase del programma che fece aumentare notevolmente il numero delle vittime.
I primi adulti disabili uccisi dal regime nazista non furono tedeschi bensì polacchi, quando gli uomini dell’Einsatzkommando 16 “ripulirono” gli ospedali e gli istituti psichiatrici del Reichsgau Wartheland, una regione della Polonia occidentale.
Nell’area di Danzica furono uccisi circa 7.000 pazienti di diversi istituti mentre altri 10.000 subirono lo stesso destino nella zona di Gotenhafen.
A Posen migliaia di pazienti furono uccisi con il monossido di carbonio in una camera a gas improvvisata, sviluppata da Albert Widmann, capo del reparto chimico della Polizia Criminale tedesca (Kriminalpolizei). Nel dicembre 1939 il capo delle SS Heinrich Himmler assistette a una di queste gassazioni accertando che questa invenzione avrebbe potuto essere utilizzata proficuamente anche in seguito.
L’idea di uccidere gli “inutili” pazienti mentalmente disabili si propagò rapidamente dalla Polonia occupata alle contigue aree della stessa Germania, probabilmente perché le autorità tedesche di queste aree già conoscevano bene quello che si stava verificando in Polonia. In totale circa 8.000 pazienti tedeschi furono uccisi in questa prima ondata di uccisioni. Tutto ciò avvenne su iniziativa delle autorità locali, anche se certamente Himmler ne conosceva e approvava l’esecuzione.
All’inizio dell’ottobre 1939 tutti gli ospedali, case d’infanzia, case di riposo per anziani e sanatori furono obbligati a riportare su un apposito modulo tutti i pazienti istituzionalizzati da cinque o più anni, i “pazzi criminali”, i “non-ariani” e coloro ai quali era stata diagnosticata una qualsiasi malattia riportata in un’apposita lista. Questa lista comprendeva schizofrenia, epilessia, corea di Huntington, gravi forme di sifilide, demenza senile, paralisi, encefalite e, in generale, “condizioni neurologiche terminali”. Alcuni medici e amministratori interpretarono la richiesta credendo che lo scopo fosse identificare i pazienti abili al servizio di lavoro e, cercando di proteggerli, sovrastimarono intenzionalmente, con fatali conseguenze, le malattie dei loro pazienti.
In caso gli ospedali si rifiutavano di collaborare, appositi team di medici (e più spesso studenti di medicina) compiacenti al nazionalsocialismo visitavano le strutture e compilavano i moduli loro stessi, cercando di rendere le condizioni dei pazienti il più sfavorevole possibile. Allo stesso modo, tutti i pazienti di origine ebraica, anche coloro che non rientravano nei “casi” previsti per la soppressione, furono cacciati dalle case di cura e uccisi nel corso del 1940.
Come nel caso del programma di eugenetica per bambini, i moduli degli adulti erano esaminati da una speciale commissione che operava negli uffici della Tiergartenstrasse. Gli esperti dell’ufficio dovevano basarsi sull’informazioni del modulo, lasciando la storia clinica del paziente e senza fare ulteriori visite mediche agli stessi. Spesso essi si trovarono sovraccarichi di migliaia di richieste da esaminare ed evadere in tempi brevissimi. Su ogni rapporto il medico esaminatore apponeva il simbolo “+” (morte) o il simbolo “-” (vita) oppure occasionalmente “?” quando non era in grado di decidere. Dopo che ogni paziente era stato esaminato indipendentemente da tre esperti, nel caso fossero risultati tre simboli +, il paziente veniva ucciso.
Inizialmente i pazienti furono uccisi, come già accadeva nel programma per i bambini, con iniezioni letali. Il metodo era però lento e inefficace e con il proseguire della guerra, quando i farmaci utilizzati nelle iniezioni divennero sempre più scarsi, divenne chiaro che sarebbe stato necessario trovare un nuovo metodo. Hitler stesso, basandosi sul consiglio del professor Heyde, propose a Brandt l’utilizzo di monossido di carbonio, dopo che una serie di esperimenti effettuati nel gennaio 1940 a Brandeburgo con diversi tipi di iniezioni letali raffrontate con l’impiego del gas avevano dimostrato la superiore efficienza di quest’ultimo.
L’uccisione mediante monossido di carbonio puro in apposite camere a gas fu presto estesa a tutti i sei centri dell’Aktion T4, quasi tutti ex ospedali o case di cura convertite:
Oltre che per l’uccisione dei pazienti, questi centri furono utilizzati anche per l’eliminazione degli internati dei campi di concentramento ammalati e ormai non più in grado di lavorare per il Reich. L’operazione di eliminazione degli internati prese il nome di Aktion 14f13.
I pazienti selezionati venivano prelevati dagli istituti di cura, da appositi autobus guidati da personale delle SS che indossava camici bianchi. Per impedire ai parenti delle vittime e ai medici che li avevano in cura di poterli rintracciare in seguito, i pazienti erano inizialmente trasportati in “centri” di transito, situati presso i grandi ospedali tedeschi in prossimità della reale destinazione; qui erano posti sotto “osservazione” per un breve periodo prima di essere in seguito trasferiti presso uno dei centri del Programma ove avrebbero ricevuto il “trattamento speciale”.
I parenti che eventualmente avessero voluto visitare i loro congiunti nei centri venivano scoraggiati da lettere che spiegavano l’impossibilità di esaudire il loro desiderio in base ad appositi regolamenti promulgati a causa della guerra. Molti dei pazienti, d’altronde, erano stati uccisi nel giro di 24 ore dall’arrivo e i loro corpi immediatamente cremati. Grande cura si riponeva nel produrre per ogni vittima un certificato di morte in cui la causa del decesso fosse verosimile, da inviare insieme con le ceneri ai parenti. La creazione delle centinaia di certificati di morte e la cura posta nel renderli il più realistici possibili, occupava infatti buona parte della giornata dei medici coinvolti nel Programma.
Il programma incontrò l’opposizione anche della burocrazia statale. Un giudice distrettuale, Lothar Kreyssig, scrisse al ministro della Giustizia Gürtner protestando per il fatto che il Programma T4 era giuridicamente illegale, visto che nessuna legge o decreto formale di Hitler lo autorizzava. Gürtner rispose “se lei non può riconoscere la volontà del Führer come fonte di legge allora non può rimanere giudice” e lo destituì.
Una volta avviato il T4, fu impossibile mantenere il segreto a causa delle centinaia di medici, infermiere e coordinatori coinvolti; d’altra parte la maggioranza dei pazienti destinati alla morte aveva parenti attivamente interessati al loro benessere. Nonostante i rigorosi ordini di tacere sul programma T4, qualcuno parlò delle vicende che accadevano all’interno delle strutture. In alcuni casi le famiglie compresero, leggendo i certificati di morte palesemente falsi – ad esempio fu indicata come causa del decesso “appendicite” per un paziente cui l’appendice era però già stata asportata in un’operazione precedente. In altri casi tutte le famiglie dello stesso paese ricevevano contemporaneamente il certificato di morte del loro caro.
Nelle città vicine ai centri tutti potevano vedere gli autobus arrivare, vedevano fumare i camini dei crematori e di conseguenza ne traevano le debite deduzioni. Nei pressi di Hadamar, cenere contenente resti di capelli umani fluttuava nell’aria della città. Nel maggio 1941 la corte distrettuale di Francoforte scrisse a Gürtner riferendo che a Hadamar i bambini, al passaggio degli autobus carichi di pazienti, gridavano per le strade che le persone che trasportavano stavano per essere gassate.
Nel corso del 1940 incominciarono a giungere lettere di protesta alla Cancelleria del Reich e al Ministero della Giustizia, alcune delle quali firmate da membri dello NSDAP (Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori), ossia dai nazisti stessi. La prima aperta protesta contro lo svuotamento degli istituti psichiatrici ebbe luogo ad Absberg, in Franconia, nel febbraio 1941 e fu ben presto seguita da altre. Il rapporto della SD sugli incidenti di Absberg diceva: “il trasferimento di persone dall’Istituto di Ottilien ha causato molto malcontento” e descriveva grandi masse di cittadini (per la maggior parte cattolici), inclusi membri del Partito, che protestavano.
La Chiesa cattolica, che fin dal 1933 aveva cercato di evitare confronti diretti con il Partito nella speranza di preservare le sue istituzioni principali, divenne sempre più ostile mentre aumentavano le prove dell’uccisione di pazienti disabili nelle cliniche. Il cardinale di Monaco di Baviera Michael von Faulhaber scrisse una lettera privata al governo protestando contro l’applicazione del Programma T4. Il 26 giugno 1941 la Chiesa ruppe il silenzio preparando una lettera pastorale da parte dei vescovi tedeschi che fu letta in tutte le chiese il 6 luglio 1941 e che incoraggiò i cattolici ad aumentare la protesta contro il programma. Inoltre, la lettera dichiarava:
Secondo la dottrina cattolica esistono senza dubbio comandamenti che non sono vincolanti quando l’obbedienza ad essi richiede un sacrificio troppo grande, ma esistono sacri obblighi di coscienza dai quali nessuno ci può liberare e a cui dobbiamo adempiere anche a prezzo della morte stessa. In nessuna occasione e in qualsiasi circostanza un uomo può – eccetto in guerra e per legittima difesa – prendere la vita di una persona innocente.
Poche settimane dopo la lettura della lettera pastorale, il 3 agosto 1941 il vescovo cattolico di Münster in Vestfalia, Clemens August Graf von Galen denunciò nel corso di un sermone il programma T4 e ne inviò il testo a Hitler chiamando “il Führer a difendere il popolo contro la Gestapo”.
Il sermone di von Galen estendeva il suo attacco anche alla persecuzione nazista a danno degli ordini religiosi e all’esproprio e alla chiusura delle istituzioni cattoliche. Egli attribuì i pesanti bombardamenti alleati delle città della Vestfalia alla volontà di Dio di punire la Germania che aveva infranto le leggi divine. Le dichiarazioni di von Galen non vennero riprese dalla stampa ma ebbero ampia diffusione attraverso volantini stampati clandestinamente e distribuiti alla popolazione. La Royal Air Force britannica giunse a lanciare volantini con la copia del sermone sulle truppe tedesche.
Le autorità nazionalsocialiste locali richiesero l’arresto di von Galen, ma Hitler fu convinto da Goebbels a soprassedere temporaneamente per motivi di opportunità politica e preferì rimandare al termine del conflitto la “resa dei conti” con il Vescovo. Goebbels temeva che l’arresto di von Galen avrebbe potuto influire sulle prestazioni dei soldati di fede cattolica impegnati in quel periodo nella prima fase dell’invasione dell’Unione Sovietica e, probabilmente, anche una possibile sollevazione popolare in Vestfalia, già duramente provata dai bombardamenti.
Ma l’Aktion T4 non si fermò mai completamente: nonostante la sospensione ufficiale, l’uccisione dei disabili (adulti e bambini) proseguì, seppur in maniera meno sistematica, fino al termine del conflitto. Le uccisioni proseguirono su iniziativa dei singoli medici e delle autorità locali, attraverso iniezioni letali e morte sopraggiunta per fame e sete. Il numero di morti per l’Aktion T4 va dai 90.000 ai 300.000 morti, di cui la metà erano bambini.