È morto lo scrittore Abraham B. Yehoshua, aveva 85 anni ed era malato da tempo. La morte della moglie, avvenuta nel 2016, l’aveva particolarmente prostrato: in interviste recenti diceva di attendere con serenità la morte (“La morte è un dono che facciamo ai nostri nipoti, lasciamo loro spazio“), anche se era preoccupato per il destino politico e sociale di Israele e del mondo.
Nato a Gerusalemme nel 1936, dopo aver servito nell’esercito israeliano e aver studiato all’università di Gerusalemme, ha fatto diverse esperienze all’estero, tra Parigi e Oxford, per poi tornare a insegnare all’università di Haifa. Negli anni, assieme ad altri scrittori come Amos Oz e David Grossman, si era fatto promotore di una soluzione pacifica del conflitto tra Israele e Palestina, anche se ultimamente, disilluso dai vari fallimenti, più che di pace preferiva parlare di partnership tra popoli.
Definito dal New York Times come il “Faulkner israeliano”, come molti scrittori della sua generazione il suo focus principale era nello scandagliare i comportamenti umani, l’individuo e il suo rapporto con la società e la memoria. Era un attento indagatore dell’identità ebraica, era anche profondamente curioso dal bagaglio culturale palestinese, vedendo entrambe le realtà legate dal fardello pesantissimo dei traumi del passato ma anche da una incomunicabilità di fondo che secondo lui caratterizzava ogni rapporto sociale, a partire dalle famiglie.
Molto amato in Italia, dove tutte le sue opere sono pubblicate da Einaudi, aveva qui ricevuto diversi premi come Grinzane Cavour, il Flaiano e il Viareggio alla carriera ed era regolarmente ospite di manifestazioni culturali nel nostro paese. Proprio in Italia è ambientato La figlia unica, breve romanzo uscito nel 2021 che è una specie di libro Cuore rivisitato ma anche un omaggio alla meraviglia di quella che Abraham B. Yehoshua considerava la sua “seconda patria”.
Il suo debutto datato 1962 è La morte del vecchio, una raccolta di racconti, ma è indubbio che la sua notorietà internazionale scoppi principalmente con L’amante del 1977, ricostruzione a più voci della storia di una famiglia israeliana all’epoca della guerra del Kippur. Vennero poi tanti altri romanzi Il signor Mani, Viaggio alla fine del millennio nel quale s’interroga ancora una volta sul rapporto tra ebrei, europei e africani, e poi ancora Fuoco amico, La scomparsa e nel 2018 Il tunnel, in cui il protagonista affetto da demenza senile riflette sul concetto ancora una volta di memoria.