Nel 2016 era uscito un libro che sicuramente non è stato un bestseller, ma che si chiama The Bestseller Code, anatomy of a blockbuster novel (non tradotto al momento in italiano) che spiega quali sono le regole per scrivere un libro di successo ed è il risultato di una lunga ricerca: 20.000 libri analizzati (presi dalla classifica dei più venduti del New York Times), un migliaio di computer, cinque anni di studi e un algoritmo. Non è la prima volta che si cerca di analizzare la struttura e la trama di un bestseller, ma l’algoritmo sviluppato da Jodie Archer, autrice, e Matthew L. Jockers, ricercatore dell’University del Nebraska, ha elaborato una grande quantità di dati riuscendo a costruire una specie di “modello predittivo” che è stato giudicato affidabile all’80 per cento da alcune testate. La conclusione è che i bestseller hanno in comune tra loro dei codici specifici e ricorrenti. Per alcuni lo studio sarà solo la conferma della “povertà” letteraria dei bestseller, per altri, invece, la conferma della loro capacità di “parlare a tutti”.
Ecco le cinque regole base individuate dagli autori:
è cioè fondamentale concentrarsi su alcune tematiche predominanti, tre o quattro, che devono occupare almeno un terzo del libro.
Sono preferibili scegliere temi che siano in grado di suscitare empatia: la vita domestica, i bambini, le nuove tecnologie, il matrimonio, la morte «e anche le tasse». Sul serio. «La scena di una colazione sarà sempre più efficace di un’altra con grotte o serpenti».
Il ritmo è essenziale e si basa sul cosiddetto “paradigma ideale” o paradigma di Syd Field, dal nome del famoso sceneggiatore statunitense che lo elaborò. Questo schema è lineare e suddivide la storia in tre atti: esposizione (introduzione e identificazione dell’obiettivo da raggiungere), conflitto (la lotta per raggiungere l’obiettivo durante la quale spesso c’è un punto di svolta, un ribaltamento della fortuna), risoluzione del conflitto (azione decisiva e conseguenze sui personaggi o sul mondo). All’interno di questo schema un bestseller si muove alternando continuamente due diversi stati emotivi: speranza, delusione, speranza, delusione e così via. Cinquanta sfumature di grigio o Il Codice da Vinci sono esempi perfetti di questa regolare successione emotiva.
Poiché l’obiettivo è parlare a milioni di persone, bisogna semplificare. Vanno tralasciate formule contorte e parole difficili. Il lettore preferisce il linguaggio quotidiano: meglio scrivere «I’d» piuttosto che «I would» e «you’re» invece che «you are». Una parola banale come “cosa” compare sei volte più spesso in un bestseller che in un altro libro di minor successo. Uno degli esempi da non usare citato in questo studio e che l’algoritmo ha escluso è ad esempio l’incipit de L’informazione di Martin Amis:
«Le città di notte contengono uomini che piangono nel sonno, poi dicono Niente. Non è niente. Solo un sogno triste. O qualcosa del genere… Passa rasente sulla nave del pianto, con i radar delle lacrime e le sonde dei singhiozzi, e li scoprirai. Le donne — e possono essere mogli, amanti, muse macilente, pingui nutrici, ossessioni, divoratrici, ex, nemesi — si svegliano, si girano verso questi uomini e domandano, con femminile bisogno di sapere: “Che cosa c’è?”.
E gli uomini dicono: “Niente. No, non è niente davvero. Solo un sogno triste”.
Solo un sogno triste. Ma certo. Solo un sogno triste. O qualcosa del genere.
Richard Tull stava piangendo nel sonno».
Infine: i personaggi devono essere attivi. Gli autori hanno scoperto che parole come «grab, do, think, ask, look, hold, love…» (prendi, fai, pensa, chiedi, guarda, aspetta, ama) sono molto frequenti nei bestseller, mentre nei libri che vendono poco prevalgono i verbi passivi: «need, want, miss…» e così via (avere bisogno, volere, sentire la mancanza).
Gli autori dimenticano forse un sesto aspetto, cioè che scrivere in inglese è importante per raggiungere un pubblico più ampio. A queste regole base aggiungono alcuni dettagli e osservazioni, come l’importanza della scelta della punteggiatura: vanno evitati i punti esclamativi, ma non quelli interrogativi. Gli autori hanno anche messo insieme un elenco di 491 parole, le più frequenti presenti nei bestseller che hanno analizzato: sono presenti il verbo “fare” e l’espressione “okay”, tra le altre. Lo schema qui sotto mostra la frequenza con cui si trova la parola “very” (molto) e la “closeness”, cioè l’intensità del tema legato a sentimenti e intimità in venti diversi libri. La distinzione tra bestseller e altri romanzi è molto evidente.
E il sesso? Il sesso è un tema tra gli altri, ma renderlo il tema principale non farà di un libro un bestseller. L’algoritmo dice che nei 20.000 titoli analizzati il sesso rappresenta lo 0,001 per cento delle tematiche. Un libro con del sesso in ogni capitolo non ha grandi probabilità di vendere perché in realtà rischia di finire in un mercato secondario e di settore. E Cinquanta sfumature di grigio – che ha venduto una quantità impressionante di copie – non è un’anomalia, secondo gli autori, ma un’eccezione. Jodie Archer e Matthew L. Jockers credono infatti che il successo di questo libro derivi innanzitutto da una studiata gestione del ritmo e da un finale inaspettato. Il mancato lieto fine ha spinto lettori e lettrici ad acquistare il secondo volume della trilogia. Secondo lo studio, poi, è soprattutto l’evoluzione della protagonista Ana e la sua idea di amore romantico ad aver reso il romanzo un successo. Il sesso rappresenta il 21 per cento del lavoro, ma il “sesso perverso” è quasi inesistente. Ciò che conta non è tanto una pratica sessuale di dominazione, ma il cambiamento emotivo della protagonista rispetto a questa stessa pratica.
Gli autori hanno anche osservato un’altra tendenza emergente, quella in cui al centro del libro (e anche del titolo) ci sono ragazze che sono misteriose o ambigue, e quella in cui la sfera domestica nasconde qualcosa di in inquietante e sbagliato. L’amore bugiardo. Gone girl, Uomini che odiano le donne o La ragazza del treno di Paula Hawkins, che è stato il caso letterario del 2015 e che poi è diventato un film con protagonista Emily Blunt, sono degli esempi perfetti. In questi libri c’è la sovversione dello schema narrativo tradizionale, perché la risoluzione del conflitto non appare liberatoria. In effetti, le protagoniste di questi romanzi si muovono in modo ambivalente tra bene e male, tra conflitto e risoluzione: e questa ambivalenza impedisce la conclusione della storia o un vero e proprio lieto fine.
In questi romanzi l’accumulo di problemi è tale che non può portare a uno scioglimento e nemmeno a un ritorno allo stato iniziale.